Roma – Gli addetti ai lavori sapevano da tempo che alcune popolari applicazioni celavano fastidiosi malware, ma adesso grazie al rapporto dell’organizzazione StopBadware.org è tutto alla luce del sole. Kazaa, MediaPipe, SpyAxe e Waterfalls 3, secondo l’ente non profit, si sono dimostrati dei veri e propri “badware”, e di conseguenza gli utenti dovrebbero bannarli definitivamente dalle loro vite.
Kazaa, sviluppato da Sharman Networks , è stato dichiarato colpevole di numerosi “reati”: modifica altri applicativi, interferisce con l’utilizzo quotidiano del PC e si dimostra piuttosto difficile da disinstallare completamente. MediaPipe, sviluppato dall’anglosassone Net Publication, causa gli stessi problemi anche se dovrebbe operare come un comune “download manager”.
SpyAxe , viene considerato ancora più subdolo. Dovrebbe permettere la sola rimozione di spyware ma in verità, questa l’accusa, interferisce con le applicazioni e il sistema operativo. Waterfalls 3, uno screensaver sviluppato da Freeze.com e individuato su Screensaver.com , è in grado anche di sottrarre informazioni riservate residenti sul PC.
Grazie alle linee guida di Anti-Spyware Coalition – che hanno permesso finalmente di definire gli spyware – è stato possibile portare alla luce una serie di applicativi nascosti piuttosto molesti. Kazaa ne è pieno. MediaPipe si riserva il diritto di continuare ad addebitare il suo costo anche dopo l’avvenuta disinstallazione. In pratica gli utenti sono costretti a recarsi sul sito ufficiale per annullare gli obblighi contrattuali previsti dalla demo. SpyAxe, privo di tasto per la chiusura, chiede all’utente di registrarsi al servizio e pagare; in caso contrario non è possibile uscire dall’applicazione. Waterfalls 3 include uno spyware, denominato Webhancer, che monitorizza gli spostamenti online dell’utente, quindi tutti i siti visitati, e spedisce tutte le informazioni ad un server remoto. Come se non bastasse, integra un trojan che abilita l’installazione di software indesiderati.
StopBadware.org è stata creata nel gennaio scorso dal Berkman Center for Internet & Society della Harvard Law School e dall’ Oxford Internet Institute della Oxford University. L’obiettivo è quello di fronteggiare il fenomeno malware e spyware anche utilizzando la cosiddetta strategia della “gogna mediatica”, già condivisa dalla US Federal Trade Commission , per gli adware, e da “The Center for Democracy and Technology” ( CDT ) per colpire gli inserzionisti conniventi con il fenomeno.
I risultati di queste campagne potranno essere valutati solo fra un po’ di tempo: quando le black list includeranno più nomi e quando il peso dell’opinione pubblica si farà sentire maggiormente. In contemporanea con l’adozione di questa strategia, qualche pioniere del settore ha forse non casualmente deciso di volgere lo sguardo verso altri lidi.
Claria , nota nel settore da quando vestiva i panni di Gator, ha fatto dei pop-up promozionali il suo business per lungo tempo ma adesso ha deciso di abbandonare gli adware per i servizi online personalizzati. Le critiche degli editori online, dei gruppi di consumatori e delle organizzazioni per la privacy l’hanno convinta a dedicarsi a qualcosa di meno malvisto. D’altronde può permetterselo, dato che fra il 1999 e il 2003 la sua passata attività le ha fruttato ben 149 milioni di dollari.
“Se vogliono veramente dimostrare che hanno chiuso con l’adware non possono che terminare ogni attività, senza vendere il loro know how a qualcuno che ha intenzione di continuare su questa strada”, ha dichiarato Dave Kramer, avvocato dello studio Wilson Sonsini Goodrich & Rosati, che rappresenta numerosi clienti, in causa contro società sviluppatrici di adware.
Dario d’Elia