Agence France-Presse (AFP) è stata coinvolta in una contesa giudiziaria per essersi impossessata di alcune foto caricate su Twitter e Twitpic .
Questi i termini della vicenda: Daniel Morel, di professione fotogiornalista, dopo aver scattato alcune fotografie nel teatro post-sismico di Haiti carica gli scatti su TwitPic. Un altro utente Twitter, Lisandro Suero, decide di ripostare le foto scattate da Morel e di autorizzare la community del social network all’utilizzo delle stesse. A questo punto, entra in gioco AFP, che, oltre a utilizzare le immagini, decide di rivenderle usando la licenza Getty Images . Risultato: AFP e Suero sono riconosciuti da altre agenzie di notizie come i titolari delle foto.
Da qui ha inizio lo scontro tra l’autore delle immagini e l’agenzia di stampa. Il primo invia una lettera cease & desist , AFP risponde attraverso una dichiarazione con la quale richiede sostanzialmente un’attestazione di non violazione della licenza d’uso. Secondo AFP, i termidi di utilizzo di Twitter la autorizzerebbero ad appropriarsi delle foto presenti sulla piattaforma .
Sembra, infatti, che i TOS del servizio di microblogging autorizzino i partner alla condivisione del materiale. In questo modo, secondo alcuni, Agence France-Presse avrebbe interpretato il regolamento più alla lettera che secondo il suo spirito autentico. Infatti, fanno notare in molti, l’azione di retwittare una foto di un altro utente sul proprio account assume un significato diverso se a compierla è un privato o un’azienda, come AFP, intenzionata a spostare quel contenuto fuori dall’ecosistema del social media per trarne profitto e reclamarne la titolarità.
Come fa notare Techdirt , la vicenda svillupa due ordini di problemi: il primo riguarda la pubblicazione delle foto su TwitPic e non su Twitter, due società differenti con termini d’uso differenti. La seconda questione concerne la posizione di AFP: ammesso che Morel abbia uplodato le foto su Twitter, questo autorizza la piattaforma a disseminare il materiale fuori dall’ambiente originario e a permettere che terze parti facciano altrettanto?
Cristina Sciannamblo