L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha scritto a Parlamento e Governo per chiedere una riforma del settore della mobilità non di linea (taxi e NCC), ferma ad una legge vecchia di 25 anni (legge n.21 del 15 gennaio 1992).
La comunicazione di AGCM si inserisce nel dibattito divampato nuovamente sull’inquadramento del servizio dei servizi offerti dalle app di Uber a seguito della feroce protesta dei tassisti che ha bloccato Roma a febbraio: allora il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio aveva annunciato di aver raggiunto un accordo con i rappresentanti delle sigle sindacali dei tassisti in base al quale si impegnava al riordino del settore in un mese, facendo una sostanziale retromarcia rispetto alle misure che promettevano di trovare spazio di manovra per le soluzioni di mobilità offerte da app come Uber e che dovevano essere contenute nel cosiddetto Decreto Milleproroghe.
Proprio perché ci si trova di fronte davanti all’ennesimo passo indietro sulla questione, AGCM ha deciso di scrivere a Parlamento e Governo per segnalare la necessità di “mettere la normativa al passo con l’evoluzione del mercato”, in particolare alleggerendo la regolazione esistente , da un lato garantendo una maggiore flessibilità operativa ai soggetti dotati di licenza taxi , dall’altro eliminando le disposizioni che limitano su base territoriale l’attività degli operatori NCC : riforme di questo tipo andrebbero a beneficio dei consumatori che potrebbero avere a propria disposizione forme di servizio più innovative e numerose, mentre finora qualsiasi tentativo di offrire servizi diversi è stato strozzato da una normativa particolarmente restrittiva e di fatto imperniata sul sistema delle licenze chiuse.
Come noto , peraltro, non è solo in Italia che Uber ha problemi legati all’inquadramento legale della sua attività, questione che comporta diverse pressioni sia dalle autorità locali che dai suoi dipendenti : dopo che sia la California che Seattle li ha riconosciuti come dipendenti, per esempio, negli Stati Uniti deve vedersela con il loro tentativo di sindacalizzarsi.
Proprio a Seattle, ora, per fermarli sta cercando di convincere gli autisti a rimanere “partner” con podcast e messaggi inviati attraverso l’app, inviti che di fatto sono costretti ad ascoltare prima di poter accedere al sistema per ricevere le richieste di passaggio.
Neanche i progetti più spiccatamente orientati al futuro della startup (e che incidentalmente – nelle sue speranze – in futuro le permetteranno di sbarazzarsi proprio degli autisti ) permettono tuttavia a Uber di dormire sonni tranquilli: Waymo, la divisione creata dalla partnership Alphabet-FCA che l’ ha denunciata per violazione di segreti industriali e diritti brevettuali nelle scorse settimane, ora chiede al tribunale federale di bloccare con ingiunzione il lavoro di Uber sulle auto senza pilota .
La posizione della startup resta in ogni caso quella di rispondere alle accuse definendole “un basso tentativo di rallentare una concorrente”.
Claudio Tamburrino