È di 5 milioni di euro la sanzione pecuniaria che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha elevato nei confronti di Volkswagen per aver mentito riguardo alle emissioni inquinanti di numerosi dei suoi modelli venduti dal 2009 allo scorso anno, agendo con un software sulla centralina di controllo del motore. Il Dieselgate (così ribattezzato dai media, anche se ad essere coinvolti sarebbero anche modelli a benzina) non è rimato impunito nemmeno in Italia a dimostrazione che le autorità hanno voluto veramente vederci chiaro e soprattutto hanno voluto tutelare i consumatori.
Lo scandalo è scoppiato negli Stati Uniti a seguito di indagini condotte dall’EPA (Environmental Protection Agency) a partire dal settembre 2015. Il mea culpa dell’azienda ha dato il via a centinaia di cause legali sostenute dalle associazioni dei consumatori contro l’azienda tedesca in tutto il mondo. L’Italia non è stata da meno e l’Autorità, considerate le rilevanze delle parti, ha deliberato che Volkswagen dovrà pagare di tasca propria il danno causato quantificato nella massima misura permessa tenuto conto della gravità e della durata della violazione.
Le pratiche di mercato contestate riguardano l’utilizzo del software responsabile di fornire “un risultato delle emissioni ossidi di azoto (NOx) più basso di quello ottenibile nella modalità che invece si attiva nel normale utilizzo del veicolo su strada”. Condotta “scorretta ai sensi del Codice del Consumo poiché gravemente contraria agli obblighi di diligenza professionale e idonea, altresì, a falsare in maniera rilevante il comportamento economico dei consumatori, inducendoli ad assumere una scelta di consumo che non avrebbero altrimenti preso qualora consapevoli delle reali caratteristiche dei veicoli acquistati”.
L’Autorità ha ritenuto scorretto anche l’aver diffuso materiale pubblicitario in cui veniva esaltata la vocazione ambientale e l’attenzione specifica al livello delle emissioni inquinanti delle proprie autovetture utilizzando ovviamente dati non veritieri. “Tali messaggi, alla luce di quanto emerso nel corso del procedimento, sono suscettibili di indurre in errore i consumatori, con riferimento alla vocazione ambientale, alla responsabilità sociale rivendicata dal produttore, nonché alle affermazioni del rispetto delle normative vigenti in materia”, questo il parere dell’Autorità.
La casa automobilistica, che negli Stati Uniti è chiamata a pagare 15 miliardi di dollari per chiudere la class action avviata nei suoi confronti per lo stesso motivo, fa sapere di aver “collaborato pienamente con la massima apertura e trasparenza, rendendosi disponibili sia in sede di audizioni, sia producendo le informazioni e la documentazione richiesta dall’Autorità, al fine di consentire l’accertamento dei fatti” e per questo è intenzionata a presentare ricorso.
Nel frattempo anche in Germania la Legge ha iniziato a fare il suo corso: nell’ultimo trimestre di quest’anno dovrebbe prendere avvio quello che è considerato il processo pilota . La richiesta di risarcimento dovrebbe aggirarsi sui 4 miliardi di euro. Il conto per la casa tedesca continua a salire.
Mirko Zago