Le segnalazioni dei detentori dei diritti si affollano, AGCOM ha avviato la macchina burocratica per l’enforcement della tutela del diritto d’autore sulla base del Regolamento di recente attuazione : dopo le prime comunicazioni di avvio dei primi procedimenti, e l’incessante mormorare riguardo ad altri, interessanti procedimenti in corso, il primo provvedimento chiama i fornitori di connettività alle proprie responsabilità.
Dopo una prima archivizione , per un caso in cui l’intervento di AGCOM si è rivelato superfluo, la scorsa settimana l’authority ha dato comunicazione dei primi tre procedimenti , a cui si sono aggiunti il numero 05/DDA/AC e il numero 06/DDA/AC , sollevati dalla Federazione contro la Pirateria Musicale e Multimediale (FPM) su delega di Sony Music Entertainment Italy S.p.A, Warner Music Italia S.r.l. e Universal Music Italia S.r.l. per le numerose opere di cantautori italiani ottenibili senza autorizzazione con la mediazione dei siti limetorrents.com e torrentdownload.ws . Anche questi due siti sono ospitati su server esteri e, come per i primi tre procedimenti, si ipotizza una “violazione grave e di carattere massivo”, tanto da giustificare l’avvio di un procedimento abbreviato . I nodi da sciogliere sono sempre gli stessi: i siti in questione non agevolano il download dei soli contenuti condivisi illegalmente ma un ordine di inibizione costringe i provider ad agire in maniera grossolana, sull’intero sito e ad equilibrare le istanze del diritto d’autore e quelle della libera circolazione della conoscenza può intervenire solo il contraddittorio di fronte ad un giudice.
Per tutti e cinque i procedimenti, con una procedura che ha sorpreso gli osservatori, AGCOM ha nei giorni scorsi avvertito gli ISP che, pur non essendo immediatamente vincolati al blocco dell’accesso dall’Italia “alle opere oggetto di istanza”, avrebbero potuto iniziare a filtrare in anticipo sugli ordini di inibitoria eventualmente emessi nei giorni successivi. Il tutto nonostante AGCOM specificasse che la prima comunicazione non desse luogo “agli obblighi di cui all’art. 17, comma 3, del decreto legislativo n. 70/2003”, quello che cioè fa ricadere la responsabilità civile sui provider che non assolvano “prontamente” a quanto “richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza”.
Ora, su provider probabilmente indecisi sul da farsi, si è abbattuta la prima delibera vincolante emessa dall’authority. Riguarda il procedimento 02/DDA/FP, quello che coinvolge www.cineblog-01.net , un sito che sembra ricalcare www.cineblog01.net e www.cineblog01.org , domini già colpiti da altri procedimenti di inibizione ad opera della magistratura.
AGCOM ricorda di aver avvisato dell’avvio del procedimento il gestore del sito, che avrebbe ignorato la comunicazione rinunciando ad adeguarsi spontaneamente o a presentare le proprie controdeduzioni entro i tre giorni lavorativi previsti dal regolamento nel caso di procedure d’urgenza. Per questo motivo, sulla base della scansione dei tempi prevista dal procedimento abbreviato, e “nel rispetto dei principi di gradualità, di proporzionalità e di adeguatezza”, AGCOM ha ritenuto opportuna “l’emanazione di un ordine di disabilitazione dell’accesso al sito www.cineblog-01.net, univocamente identificato dal nome di dominio”.
I “prestatori di servizi di mere conduit”, come li definisce AGCOM, sono ora chiamati a far calare dei filtri DNS sul sito oggetto del provvedimento e hanno due giorni di tempo per organizzarsi, reindirizzando i netizen che operano dall’Italia verso una pagina Internet approntata per l’occasione. Sui provider che non ottemperassero, dopo la comunicazione via posta certificata dell’ordine di inibizione, ricadranno ora la responsabilità civile del mancato adeguamento , come previsto dal decreto legislativo n. 70/2003, e le relative sanzioni amministrative. AGCOM segnala inoltre che in caso di inottemperanza da parte degli ISP si procederà alla “comunicazione agli organi di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 182-ter della legge n. 633/41”: l’ articolo in questione poco sembra avere a che fare con l’attività e le responsabilità dei provider, chiamati ad agire per contenere delle violazioni ancora da perseguire, evidentemente commesse da terzi.
A fare chiarezza saranno probabilmente solo la pratica nelle procedure, su cui sono in molti ad invocare la piena trasparenza , nonché l’esito dei ricorsi presso il TAR mossi da consumatori, intermediari e servizi media per mettere alla prova la legittimità del ruolo di cui l’authority si è fatta carico con l’avvento del Regolamento.
Gaia Bottà