Si è conclusa l’ indagine conoscitiva condotta dall’Agcom sul settore dei servizi Internet e della pubblicità online: e non sorprende, dal momento che mette in luce come la Rete sia ormai diventato uno strumento indispensabile per lavorare e per tenersi informati .
Anche se sul fronte dell’informazione è ancora la televisione a fare la parte del leone (8 italiani su 10 la usano per tenersi aggiornati), il 40 per cento usa Internet per informarsi , indietro di appena 4 punti percentuali rispetto ai quotidiani.
Nel corso del worskshop in cui sono stati presentati gli esiti dell’indagine, Agcom ha sottolineato che si tratta di un dato significativo, in quanto simile (seppur attestandosi al di sotto della media europea del 46 per cento) a quello di altri paesi dove Internet è molto più diffusa: il garante non sembra, dunque, ritenere influente il dato del digital divide rispetto alla percentuale di utilizzo, considerando in pratica omogenee la popolazione dei connessi rispetto a quelli offline.
Nel dettaglio lo studio evidenzia come un ruolo prioritario sia ancora affidato all’informazione tradizionale, con i quotidiani online che hanno un tasso di penetrazione 28 per cento e gli aggregatori che raggiungono più del 10 per cento degli utenti che si informano online .
Inoltre è Google il sito maggiormente utilizzato a questo scopo (è il 21,5 per cento che lo fa), mentre Facebook si colloca al quinto.
Questa distribuzione si riflette anche sui dati di mercato: Google ottiene il 31,5 per cento dell’intera spesa in pubblicità online , con gli altri operatori, tra cui Facebook (4,1 per cento), Yahoo! (3,4 per cento) e Microsoft (2,5), molto distaccati.
Controllare gli introiti generati dalla pubblicità online, peraltro, è di strategica importanza: secondo un recente studio condotto da Nielsen la crisi sarebbe ormai alle spalle e anche se il 2013 si è ancora chiuso in lieve calo (meno 4 per cento) rispetto al 2012, il trend è in miglioramento. Al contrario, la tv conferma una perdita di circa 10 punti percentuali, la radio di 9,3 e l’emorragia dell’advertising sulla carta stampata continua con il meno 21 per cento.
Claudio Tamburrino