L’Italia deve dotarsi di un piano d’azione per il passaggio della banda 700 MHz dai broadcaster agli operatori di telefonia mobile per i servizi a larga banda senza fili, al massimo entro giugno del prossimo anno come previsto dalle regole della UE, ed è bene iniziare a pensarci subito. Questo il monito che il presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, ha rivolto a tutta la filiera delle comunicazioni nell’ intervento tenuto alla Camera lo scorso 5 luglio sulla relazione annuale dell’Authority.
“La recente decisione europea di armonizzazione delle frequenze dei 700 MHz – si legge nel discorso – unitamente ad un uso combinato delle frequenze già riservate agli usi radiomobili e del piano di azione delineato a tale scopo a partire dal 2017, merita una riflessione circa gli effetti generati sugli operatori radiotelevisivi, attuali utilizzatori della banda di frequenza 470-790 MHz. L’Autorità ritiene che l’Italia non possa permettersi ulteriori ritardi nel definire il Piano di azione e, pertanto, appare urgente e non più procrastinabile l’avvio di un’azione dei soggetti pubblici e privati in cui le Istituzioni preposte dettino le strategie e gli obiettivi di interesse generale”. Buoni propositi che si scontrano con la cattiva abitudine, tipicamente italiana, di arrivare sempre a ridosso delle scadenze per prendere le dovute iniziative.
“La programmazione e l’accelerazione del percorso di attuazione – continua Cardani – sono condizioni fondamentali per consentire la transizione delle frequenze 700 MHz ai servizi di comunicazione a larga banda senza fili anche con l’orizzonte al 2022”. Insomma, il Presidente sembra invitare tutti, operatori e istituzioni, a non ridursi all’ultimo momento, tenendo presente che altri paesi europei non solo hanno già stabilito una roadmap per reperire le risorse per il 5G, ma in diversi casi hanno già provveduto a indire la gara per la riassegnazione delle frequenze, come in Francia e in Germania. Nella stessa relazione si fa notare come l’Italia occupi ancora il 20simo posto nella classifica dell’armonizzazione dello spettro radioelettrico, insomma non sia proprio fra i primi della classe.
Se il termine per stabilire un percorso di migrazione della banda 700 MHz appare piuttosto vicino, quello per l’effettiva liberazione e riassegnazione delle frequenze prevede un orizzonte che spazia dal 2020 al 2022, se si considerano gli ulteriori due anni di proroga di cui potrebbe godere l’Italia per la particolare situazione dell’emittenza radiotelevisiva. L’avviso dell’Authority comunque è chiaro: mettiamoci in cammino, altrimenti il nostro Paese uscirà svantaggiato nei servizi a banda larga di quinta generazione.
Nel suo esplicito richiamo a non perdere tempo utile, il presidente Cardani pare essere consapevole che una accelerazione sulla migrazione della banda 700 MHz non venga percepita al momento come una priorità, né dai broadcaster che dispongono di licenze d’uso per la tv digitale terrestre che arrivano fino al 2032, e nemmeno dagli operatori mobili che dovrebbero partecipare alle gare per aggiudicarsi le nuove frequenze sborsando cifre notevoli. Questi hanno infatti chiesto all’Agcom di pensare a nuove formule di gara che evitino il ricorso ad aste al rialzo. Per quanto riguarda l’emittenza televisiva, la sottrazione di ulteriori undici canali – corrispondenti ad altrettanti multiplex – comporterà necessariamente una riorganizzazione del piano delle frequenze e, con molta probabilità, scelte tecnologiche che consentano di sfruttare in modo più efficiente la banda che rimarrà a disposizione dei broadcaster. Che riguarderanno anche i telespettatori, sebbene appaia lontano lo spettro di un nuovo switch-off.
Da parte della UE il commissario all’Economia digitale, Gunther Oettinger, lavora per spingere tutti i Paesi membri a liberare la banda 700 MHz entro il 2020. Salvo eccezioni, appunto.
Pierluigi Sandonnini