Il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha pubblicato il regolamento che disciplina le modalità di accesso alle infrastrutture per la banda di nuova generazione (NGN) che ha ufficialmente approvato qualche giorno fa .
Prima che fosse pubblicato vi erano dubbi circa le previsione o meno dell’obbligo di unbundling sulla fibra da parte di Telecom Italia: gli operatori alternativi (OLO) chiedevano che l’incumbent fosse obbligata a mettere a disposizione l’ultimo miglio della nuova rete, in modo tale da garantire la concorrenzialità del settore e non rischiare di creare un nuovo monopolio.
Tale dubbio è stato cancellato: all’art. 2 del regolamento vi è per Telecom Italia l’obbligo generale di unbundling .
Inoltre, è stata prevista anche la modalità end to end che permette agli OLO di richiedere tratti di fibra ottica spenta da gestire riattivandoli da sé: “Telecom Italia – si legge all’art. 4 – è soggetta all’obbligo di predisporre una soluzione di accesso disaggregato alla propria rete in fibra a livello di centrale locale, ove tecnicamente possibile e tenuto conto dell’effettivo sviluppo di mercato ed infrastrutturale”. Obbligo che sussiste “fin da ora”, a differenza dell’ unbundling che è sottoposto all’implementazioni delle necessarie soluzioni tecniche.
Queste misure dovrebbero dunque rappresentare il quadro entro cui sviluppare le reti di nuova generazione italiane: regole per il momento limitate, anche perché, spiega il presidente Agcom Corrado Calalbrò, si tratta di “qualcosa ancora che non c’è”. Calabrò ha spiegato in un’audizione alla Commissione Trasporti della Camera che “troppe regole ingessano un mercato che deve ancora svilupparsi, mentre poche regole potrebbero favorire alcuni soggetti a discapito di altri”.
Oltre a questo bisogno di equilibrio su cui si è cercata di muovere Agcom, Calabrò approfitta dell’intervento e della pubblicazione delle nuove regole per contestare alle telco di essersi finora mosse “con il freno a mano tirato relativamente alla realizzazione delle nuove reti a banda ultralarga”. Questo si somma ai ritardi dell’agenda digitale e lascia “l’Italia molto indietro. La copertura territoriale della fibra ammonta al 10 per cento. Sono poco più di 2,5 milioni gli edifici cablati e gli accessi attivi sono circa 300mila”. Numeri che hanno l’aggravante, dice Calabrò, si essere grosso modo in stallo da 4 anni.
Claudio Tamburrino