“La rete è l’ambito delle nuove libertà e dei nuovi diritti. Il diritto alla libera circolazione del pensiero nelle nuove forme della tecnologia è indubbiamente un principio fondamentale per la società d’oggi. Ma nessuna libertà è senza limiti; e il limite, com’è noto, è costituito dal diritto altrui”. Inizia così un recente articolo scritto dal presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) Corrado Calabrò, intervenuto tra le pagine online del Corriere delle Comunicazioni . Un’occasione per approfondire ancora quella che sarà la crociata italiana contro la violazione del diritto d’autore.
Il nuovo intervento di Calabrò è dunque partito da cruciali interrogativi. “Può la fruizione diffusa e senza impacci dell’opera dell’ingegno (che vogliamo tutti) strangolare il diritto al compenso per il creatore dell’opera? Non si avvizzisce così alla radice la creatività, che è la maggiore risorsa di ogni società?”.
Il problema non sarebbe soltanto italiano, ma mondiale. Argomento spinoso, che non avrebbe ancora partorito “soluzioni efficaci e giuridicamente sostenibili”. Le tanto chiacchierate misure di enforcement approvate da Agcom altro non farebbero che applicare le leggi di recepimento imposte ai vari stati membri dalle direttive dell’Unione Europea .
“L’Autorità non ha la benchè minima propensione a diventare lo sceriffo di internet, come qualcuno paventa – ha spiegato Calabrò – né ciò sarebbe semplicemente possibile. Abbiamo scartato in partenza approcci invasivi come quelli adottati in Francia con la legge Hadopi 2 che – colpendo l’utente finale e le applicazioni peer-to-peer – si rivelano al contempo intrusivi e poco efficaci”.
Il presidente di Agcom ha dunque sottolineato come l’Italia sia agli ultimi posti in Europa per l’accesso ad Internet , così come ai primi “nel mondo della pirateria”. Lo sviluppo di un’offerta legale non riuscirebbe da solo a risolvere il problema. Da qui l’assorbimento della procedura statunitense del notice and takedown .
“Che il principio della rete libera si risolva in un Far Web – concetto peraltro già espresso dallo stesso Calabrò – non è un esito degno di un Paese che creda nel diritto anziché nella sopraffazione del più svelto e del più spregiudicato. Tanto meno si può abbandonare il campo allo strapotere degli over the top , che raccolgono i frutti mentre gli autori seminano al vento e gli operatori di tlc investono senza adeguati ritorni”.
C’è chi ha sottolineato come l’intervento di Calabrò non abbia aggiunto alcun elemento di novità al già infiammato dibattito in terra tricolore. Rimasto in piedi un dubbio: che il mix di enforcement e assenza di riproposizione nel digitale dei diritti consolidati degli utenti sia a vantaggio delle piattaforme globali di distribuzione e non degli operatori locali.
Mauro Vecchio