La prima occasione per discutere di quanto pubblicato sulle pagine del Corriere della Sera ormai più di una settimana fa, e che pare abbia stizzito il Ministro allo Sviluppo Economico: con una lista di interventi che include nomi e volti noti del mondo accademico, del giornalismo, del business e della politica, si riuniscono a Roma alcuni degli ideatori dell’appello denominato “Agenda Digitale”. Un appello alla politica, invitata a discuterne, affinché faccia quanto il presente, i cittadini, la società e l’economia impongono: un passo avanti verso la modernità.
Alle critiche , che in questi giorni si sono avvicendate sui modi e sui tempi di questa iniziativa, i promotori rispondo con l’invito a mettere da parte le perplessità e fare spazio all’iniziativa comune: “È una richiesta fatta alla politica – spiega a Punto Informatico il professor Alfonso Fuggetta del Politecnico di Milano (e CEO del Cefriel ) – affinché la politica si assuma la responsabilità che le è propria, ovvero quella di definire un piano che altri paesi già hanno: un’agenda digitale”. L’obiettivo, spiega il professor Fuggetta, è rimettere al centro dell’iniziativa e dell’azione politica “un tema che secondo noi è strategico per gli interessi del Paese, ovvero il digitale e l’ICT”.
Non sarebbe stato meglio, in un contesto complicato sotto il profilo del quadro politico attuale, affrontare la questione con maggiore concretezza e proposte definite? “In altri paesi la politica ha deciso i piani strategici nel digitale – spiega Fuggetta – e la politica deve fare questo anche in Italia: dal nostro punto di vista la scelta è di continuare a parlare di bunga bunga o iniziare a discutere di argomenti seri: a quel punto tutti, noi e chiunque altro, potremo fare delle proposte e offrire un contributo”.
La questione ruota attorno, inutile negarlo, al momento scelto per affrontare questa discussione. Fuggetta è laconico: “La tempistica in Italia non sarà mai favorevole”, tanto vale quindi cercare di alzare la testa e provare a guardare oltre. E non ci sono secondi fini: “Non è un’azione di lobbying premeditata verso qualcuno, è un appello aperto perché ci si occupi di questo tema”. E bando anche alle accuse di parzialità o al rischio di strumentalizzazione: “Il nostro paese sta morendo di dietrologie e sospetti. Non è nostra intenzione creare un gruppo elitario: è ovvio che qualcuno proverà a cavalcare l’iniziativa, ci saranno quelli che proveranno a metterci il cappello, ma ci saranno anche altri che proveranno a costruire qualcosa di serio”.
Gli fa eco Layla Pavone , managing director di Isobar e presidente onorario di IAB : “Sgombriamo il campo dai retropensieri, le strumentalizzazioni tradiscono lo spirito dell’iniziativa”. Un’iniziativa che, tutti ci tengono a precisare, è nata ed è proseguita nel solco della spontanea richiesta di attenzione per temi ritenuti ineludibili per garantire un futuro industriale al paese: “La nostra è una richiesta precisa – prosegue Pavone – argomentata anche sulla base di quanto sta succedendo altrove, dove l’agenda digitale è stata progettata e messa in moto: basti pensare a quanto sta succedendo nel Regno Unito, grazie agli investimenti del governo in infrastrutture e iniziative legate a questo contesto”. L’obiettivo è spingere la politica a “farsi carico di un progetto importante: l’abbattimento del digital divide anche culturale, farsi carico di guidare verso la nuova competenza e la nuova conoscenza tutta la cittadinanza”.
“Chi non farà la propria parte se ne assumerà la responsabilità” sentenzia Fuggetta: “La politica ha trattato il digital divide in modo parziale, e occupandosi solo di banda larga non può risolvere il problema dell’agenda digitale.” La ricerca , per esempio, è un altro capitolo importante: “È uno strumento per rilanciare gli investimenti e sostenerli, anche nelle piccole imprese: è un tema vitale, per il quale io ho delle idee – continua il professore – ciascuno avrà le sue. Il compito della politica è fare la sintesi delle proposte, assumersi le sue responsabilità su un tema importante. L’ultima cosa che deve accedere è la mancanza di ascolto: ci sono uomini di buona volontà che fanno proposte, ora ci vuole qualcuno che ascolti”.
I 104 firmatari dell’appello spaziano dall’industria al giornalismo, passando persino dal mondo dello spettacolo: “È un appello forte, che ha una sua visibilità e si è conquistato una sua autorevolezza – dice Fuggetta, che ribadisce – Ci vuole qualcuno che ascolti”. E poi conclude: “Tutti i paesi del mondo, o quasi, hanno adottato o stanno adottando una digital agenda: perché l’Italia no?”.
a cura di Luca Annunziata