Dalle pagine del blog del Partito Democratico, l’ex ministro delle Telecomunicazioni Paolo Gentiloni invoca la stesura di un’agenda digitale nazionale che possa permettere al Paese di non rimanere indietro rispetto agli altri grandi paesi europei, di superare il digital divide e di farsi trovare pronta alla sfida delle nuove tecnologie e in particolare al passaggio alla fibra. Una risposta, molto probabilmente, all’ iniziativa Agenda Digitale che ha visto l’appello di 100 firmatari pubblicato sul Corriere della Sera e che ha già segnato una risposta interlocutoria del ministro Brunetta.
Legando gli sviluppi in materia a livello comunitario, l’attenzione sul diritto alla Rete attirata dalle vicende egiziane, l’innovazione tecnologica e l’importanza crescente dell’accesso alle reti mobile tramite smartphone e tablet, ai piani di azione necessari per superare il digital divide, tramite l’ex ministro Gentiloni il PD spazia dal digital divide alle minacce alla privacy: decide di trattar tutto ciò che riguarda la digitalizzazione del Paese. Lo fa spinto da una fretta dettata dalla convinzione che l’Italia sia il solo grande paese privo di una propria “agenda digitale”. Per cui un ulteriore ritardo o una generale lentezza significherebbe rischiare di “rinunciare al futuro” e “finire in un vicolo cieco”.
A distanza di oltre due anni dalla diffusione del primo rapporto Caio , nota infatti Gentiloni, “non solo non sono stati ancora assegnati fondi pubblici necessari per un’opera di tale rilevanza, ma non si è ancora individuato un progetto di sviluppo chiaro che porti anche l’Italia al passo delle nazioni più avanzate”.
Il Governo, definito televisivo e influenzato dal conflitto d’interessi, “in particolare verso Internet e la sua libertà – dice Gentiloni – manifesta una certa ostilità”.
Ricalcando l’Agenda Digitale del Commissario Kroes il PD delinea i quattro grandi obiettivi attorno a cui si articola la sua proposta in materia: garantire il diritto all’accesso al digitale a tutti i cittadini ; investire sulle reti per assicurare a tutti i cittadini un’offerta digitale adeguata e competitiva con gli altri paesi; sviluppare i contenuti digitali e favorire la nascita di una domanda italiana di rete (digitalizzazione pubblica amministrazione e dei comuni, obbligatorietà firma digitale, informatizzazione della piccola e media impresa e dei cittadini più disagiati, informatica nelle scuole, ma anche riduzione dell’Iva per le transazioni online ); aggiornare il quadro normativo e regolatorio per salvaguardare la neutralità della Rete.
Per i prossimi passi contingenti Gentiloni parla della necessità di assegnare all’asta le frequenze della banda 800 Mhz liberate dalla transizione della TV dall’analogico al digitale entro il 2011 : una necessità che il PD afferma di aver già invocato nel 2009, ma che solo da pochi mesi ha avuto il via libera, facendosi strada nella legge di stabilità. L’asta, in ogni caso, deve rispettare alcune condizioni: a pagare questa decurtazione in termini di capacità trasmissiva dovranno essere innanzitutto gli incumbent Rai e Mediaset, la cui posizione dominante non può aumentare ulteriormente grazie al digitale (come sembrerebbe invece garantire l’affidamento ad esse di altri due multiplex con il beauty contest organizzato dal governo) e una parte significativa dei proventi dell’asta dovrebbe essere utilizzata per investimenti nell’innovazione e nel digitale.
Sul tema della neutralità tecnologica, invece, occorre “accelerare il recepimento dei principi contenuti nel quadro europeo delle TLC e cominciare a porre il problema di una cornice regolatoria che salvaguardi la libera navigazione nella Rete dalla minaccia costituita dal peso preponderante dei circuiti chiusi costituiti attorno ai grandi motori di ricerca o al binomio tra device e applicazioni in piattaforme proprietarie”. Il PD sembra quindi tirare in ballo anche Google e Apple.
Solo accennato, infine, il discorso sul diritto d’autore e la sua tutela online: il Partito Democratico parla di un Regolamento Agcom in materia che sembra andare nella direzione giusta e genericamente di conciliabilità tra la libertà della Rete e la valorizzazione delle opere dell’ingegno, a condizioni che “ben si comprenda che l’essenziale è promuovere il consumo legale dei prodotti culturali in rete e che non ci si illuda su scorciatoie repressive o di tassazione”.
Claudio Tamburrino