Se la CIA avesse potuto contare su un uomo come Q, il tecnologo del SIS che forniva a James Bond gli accessori più avveniristici, forse i suoi agenti presenti a Milano – riferisce Wired – si sarebbero mossi con maggior circospezione, nel 2003, ai tempi dell’operazione legata al rapimento di Abu Omar, e avrebbero evitato il rinvio a giudizio.
La testata americana ha definito “patetica ignoranza” il fatto che 25 agenti CIA in azione nel capoluogo lombardo quattro anni fa abbiano coordinato le proprie operazioni utilizzando tranquillamente i propri telefoni cellulari senza adottare alcun accorgimento per manterere riservati i propri movimenti. Noncuranti (o ignari) del fatto che le loro chiamate potevano essere tracciate: il telefonino, durante una conversazione, comunica con la più vicina torre di telefonia mobile dell’operatore. Wired sottolinea che, come molti criminali sanno perfettamente, i dati rilevati dalle torri vengono registrati. Ed esposti, tra l’altro, nella documentazione dei consumi dettagliata anche nelle fatture che l’utente riceve.
Gli agenti segreti hanno così lasciato numerose “impronte” sulla scena del crimine, e agli inquirenti italiani è stato sufficiente risalire alle utenze e ai singoli agenti, identificabili dai loro alias, di cui sono stati in grado di ricostruire movimenti, luoghi e contatti. Uno degli agenti coinvolti nel rapimento utilizzava il proprio cellulare, senza accorgimenti di sicurezza, per chiamare Robert Lady, capo della sezione CIA operativa a Milano, e queste chiamate hanno fornito agli inquirenti il primo, lampante indizio del coinvolgimento dei servizi segreti americani nell’operazione.