AI e ricerche Web, il pallino di Google

AI e ricerche Web, il pallino di Google

Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono sempre più importanti per le piattaforme telematiche di Mountain View, una tecnologia che la corporation considera a dir poco rivoluzionaria
Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono sempre più importanti per le piattaforme telematiche di Mountain View, una tecnologia che la corporation considera a dir poco rivoluzionaria

Google torna a parlare di RankBrain, la piattaforma di machine learning svelata al mondo solo l’anno scorso che però cresce di importanza all’interno del principale servizio telematico offerto da Mountain View. Grazie a RankBrain, le ricerche Web sono sempre più pertinenti alle richieste specifiche degli utenti.

L’intelligenza artificiale della nuova piattaforma è il terzo più importante fattore quando si tratta di elencare i risultati in una ricerca sul Web , conferma Google , e permette di rendere più “ragionevole” l’elenco soprattutto quando si tratta di rispondere alle richieste categorizzabili nella cosiddetta coda lunga del mercato.

A RankBrain non corrisponde però un punteggio come per il resto dei fattori consultati per il ranking delle ricerche, rivelano da Mountain View, perché si tratta di una tecnologia complessa che interviene in maniera diversa: ne deriva che non esiste la possibilità di implementare ottimizzazioni SEO in grado di avvantaggiare la popolarità di un sito Web.

Gli algoritmi della IA di RankBrain costituiscono solo uno dei molti tasselli in salsa machine learning che Google ha implementato sulla propria infrastruttura, un’evoluzione che procede a ritmi serrati e che per la corporation di Mountain View coinvolgerà presto l’intero mondo dell’ICT.

L’adozione del machine learning è un fatto “trasformativo”, sostiene Google , un nuovo paradigma che ha abbandonato i campi specialistici per garantire (sul lungo periodo) cyber-intelletti “super-umani” alle fredde macchine digitali. Gli sviluppatori software esperti di questo genere di algoritmi sono ancora pochi persino tra gli ingegneri del software di Google, spiega per Jeff Dean (responsabile machine learning della corporation), mentre in condizioni ottimali si dovrebbe arrivare al cento per cento.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
28 giu 2016
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