Qualche anno fa, durante uno dei miei tanti esperimenti, mi sono imbattuto in un problema: avevo il software semi-lavorato perché open source, avevo la capacità di finalizzarlo perché è il mio mestiere, ma non avevo la possibilità di reperire la materia prima su cui lavora questo software: le mappe geografiche della mia città. Mi chiesi: possibile che la pubblica amministrazione non abbia mappe digitali del territorio o che comunque non siano accessibili ad un cittadino? Indagando mi accorsi che era proprio così: esistevano varie versioni di mappe realizzate da vari enti diversi – lavoro doppio, triplo, quadruplo – ma nel concreto, presso ognuno di questi enti per potervi accedere avrei dovuto essere almeno un laureando in architettura.
A suo tempo ripiegai su una faticosa estrazione della mappa di Roma dal CD del mio navigatore satellitare regolarmente acquistato: nonostante i sistemi di protezione, dal mio punto di vista avevo tutto il diritto di fruizione dei dati anche se portati fuori da quel CD; questo anche e soprattutto perché non ne stavo facendo un uso lucrativo. D’altronde l’alternativa consisteva nel prendere uno stradario, scannerizzarne le pagine, andare in giro per Roma percorrendo tutte – gulp! – le strade, e appuntando su ogni angolo le coordinate rilevate dal GPS: anche con un minimo di automazione si trattava di qualche mese di lavoro, e contro le poche ore necessarie ad estrarre i dati dal CD.
Pochi giorni fa mi sono imbattuto in un problema analogo e cercando una qualsiasi mappa, di esempio per il mio nuovo giochino software – un simulatore di movimento – sono approdato sul sito di Public GeoData nel quale si legge:
“Il 23 Gennaio 2006 il Consiglio dell’Unione Europea ha formalmente adottato la posizione comune sulla Direttiva Inspire, la quale stabilisce che i Dati Geografici raccolti dalle Agenzie Nazionali di Cartografia (in inglese NMA: National Mapping Agencies) sul territorio europeo sono di proprietà di tali agenzie e non di proprietà pubblica”. Stra-Gulp: io, come tanti, ho pagato senza saperlo la produzione di una cartografia dettagliatissima di tutta l’Europa e sono ancora costretto a pagare le mappe a Navtech o TomTom, dipendere dalle API di Google Maps/Earth, o chi per loro. Ma come si permettono di non darmi le mappe che ho pagato?
Questo è in effetti quello che si può leggere tra le righe del testo prodotto – anche in versione italiana – dai curatori del sito: “Se il parlamento europeo non emenda appropriatamente o, nell’impossibilità di farlo, respinge questa proposta di direttiva, INSPIRE determinerà una politica blindata facendo pagare ai cittadini informazioni di cui essi hanno già pagato la raccolta, con l’imposizione del copyright di stato sull’informazione geografica”. Costi che, ci dicono, si ripercuotono ovviamente anche sulle aziende che hanno necessità di quei dati per produrre.
E aggiungo io: attenzione, non stiamo parlando di costose operazioni di Reality Mining approntate da una società privata e quindi in diritto di farle pagare a chi le volesse utilizzare; stiamo parlando di informazioni sulla Terra che volenti o nolenti sono patrimonio pubblico e, per di più, sono state raccolte con soldi pubblici.
E non sto suggerendo di vietare a TomTom di vendere le mappe: se uno non ha tempo di scaricarle e lavorarle per renderle utili al proprio fine, deve poter essere libero di pagarle a chi fa questo lavoro per lui o chi fornisce mappe più dettagliate e più aggiornate o chi ancora aggiunge a queste un valore ulteriore.
Dico soltanto che sarei un cittadino più felice se mi venisse data la possibilità di scegliere se comprarle o no, visto che ho già pagato la produzione di mappe.
In definitiva ho firmato la petizione , sono andato su un buon sito di materiali cartografici – software e dati – liberi, e dopo aver prelevato le mappe americane pubblicamente accessibili sul sito dello US Census Buerau , ho aggiunto un’altra voce allo sterminato elenco delle cose che relegano il sistema Italia/Europa ad una posizione di debolezza rispetto ai paesi più sviluppati.
Certo, avrei preferito pensare che i miei esperimenti avrebbero potuto un giorno tornare utili ad una qualsiasi città o provincia italiana; ma evidentemente, se utili, lo saranno per una provincia americana.
Non voglio però lasciarvi con questo amaro in bocca: se volete come me consolarvi sappiate che uno dei migliori GIS open source al mondo si chiama GRASS e, nonostante le sue origini siano americane, oggi il suo quartier generale è a Trento. Meglio un po’ di italica spocchia che niente. Sapere aude gente.
Michele Favara Pedarsi
Gli interventi di MFP sono disponibili a questo indirizzo