Washington (USA) – Con profonda delusione gli ex amministratori di uno dei primi sistemi di condivisione di file online hanno dovuto apprendere nelle scorse ore che la Corte Suprema degli Stati Uniti non ha intenzione di ascoltare il loro caso, nonostante la sua eccezionalità.
La massima corte americana ha infatti stabilito che il caso di Aimster/Madster non potrà entrare tra quelli vagliati dai massimi giudici. Per quanto questo rappresenti una sorpresa per molti osservatori, in assenza peraltro di una spiegazione del rifiuto, è bene dire che la Corte Suprema ogni anno accetta di esaminare solo una piccola parte dei casi che le vengono sottoposti.
Nulla da fare, dunque, per Aimster, sistema che consentiva lo scambio di file protetti da cifratura e scambiati soltanto all’interno di buddy list , cioè brevi elenchi di “amici”: una situazione che secondo i gestori del sistemone impediva una diffusione “alla Napster” dei file in questione. Condivisione che, avvenendo in forma cifrata secondo Aimster sarebbe rimasta del tutto riservata, al riparo dagli sguardi indiscreti di tutti, compresi quelli delle major, impossibilitate a verificare l’esatto contenuto dei file.
Dal dicembre del 2002, dopo un anno e mezzo di battaglia giudiziaria, Aimster – che intanto aveva cambiato nome in Madster per evitare gli strali di America Online (che possiede il marchio AIM, nome del suo instant messenger) – ha dovuto fermare il sistemone su ordine di un giudice. Le pressioni sul tribunale erano notevoli perché, oltre alle major della musica della RIAA , a denunciare Madster ci aveva nel frattempo pensato anche l’associazione degli studios hollywoodiani MPAA .
Tutto si conclude, dunque, e si rimane a quanto deciso lo scorso luglio da una Corte d’Appello americana, secondo cui i gestori di Aimster avrebbero dovuto fare molto di più per impedire l’uso illecito dello strumento di condivisione.