Arriva oggi da Lussemburgo un documento firmato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in cui si stabilisce che il ruolo svolto da Airbnb non è quello di agente immobiliare, bensì un servizio che dev’essere qualificato come “della società dell’informazione” e dunque regolato dalla direttiva 2000/31 che nel vecchio continente norma il commercio elettronico.
La Francia non può esigere che Airbnb disponga di una licenza professionale di agente immobiliare, avendo omesso di notificare detta esigenza alla Commissione conformemente alla direttiva sul commercio elettronico.
Airbnb: società dell’informazione, non agente immobiliare
La decisione arriva nel contesto di un procedimento penale avviato in Francia dove AHTOP (Association Pour un Hébergement et un Tourisme Professionnels) ha denunciato Airbnb sostenendo che l’azienda non si limita a mettere in contatto locatari e locatori, ma svolge attività di agente immobiliare senza essere titolare della licenza necessaria per l’esercizio della professione, violando così la cosiddetta legge Hoguet.
La Corte ha giudicato che un servizio di mediazione del tipo di quello fornito da Airbnb Ireland soddisfaceva tali condizioni senza che la natura dei collegamenti esistenti tra il servizio di mediazione e la prestazione dell’alloggio giustificasse il fatto di negare la qualifica di “servizio della società dell’informazione” per detto servizio di mediazione e, pertanto,
l’applicazione al medesimo della direttiva 2000/31.
La piattaforma ricopre dunque principalmente un ruolo di mediatore mettendo in contatto le parti, offrendo uno strumento di presentazione e ricerca degli alloggi. La Corte sottolinea inoltre come il servizio di Airbnb non sia indispensabile ai fini di siglare un contratto di locazione considerando gli altri canali fruibili da locatari e locatori.
In conclusione, la società statunitense potrà continuare a operare in Francia e in Europa come fatto fino ad oggi, senza essere sottoposta a misure più stringenti ed essendo inquadrata di fatto al pari di un e-commerce.
Seppur con esito differente, la vicenda ricorda quella che nel 2017 ha visto la Corte pronunciarsi su un altro servizio nato nell’universo digitale: Uber, che offrendo una piattaforma per il ride sharing è stata definita nel 2017 una società di trasporti e non esclusivamente un intermediario informatico.