Cercare un alloggio in affitto su Airbnb è ormai pratica comune quando ci si appresta a organizzare un viaggio o una trasferta. In poco più di un decennio la piattaforma è cresciuta a tal punto da essere vista da chi opera nel più tradizionale mercato alberghiero come una forma di concorrenza sleale (con dinamiche molto simili alla questione taxi-Uber): un tema su cui torniamo oggi per parlare di ciò che sta accadendo a Parigi.
Airbnb a Parigi, business a rischio?
Anne Hidalgo, prima cittadina della capitale francese, ha riferito al quotidiano Journal du Dimanche che l’amministrazione ha citato in giudizio Airbnb per aver ospitato sulla propria piattaforma circa 1.000 inserzioni illegali. Considerando la normativa introdotta nel 2018 in tutto il paese che prevede una sanzione da 12.500 euro per coloro che ospitano annunci non conformi alla legge, la sanzione potrebbe ammontare complessivamente a 12,5 milioni di euro.
Il regolamento approvato lo scorso anno stabilisce inoltre che un host non può affittare un’abitazione o una parte di essa per più di 120 giorni ogni anno. La replica del gruppo non si è fatta attendere ed è stata affidata da una portavoce alle redazione di Reuters: l’azienda ribadisce di essersi già attivata al fine di allineare la propria attività a quanto imposto dai regolamenti europei, non risparmiando però forti critiche nei confronti dei paletti fissati da Parigi, definendoli “inefficienti, sproporzionati e in contrasto con le regole europee”.
Non solo in Francia, anche in Italia
La Francia costituisce per Airbnb il secondo mercato più importante al mondo, in termini di volume del business generato, dopo gli Stati Uniti. Parigi risulta invece essere la città con il maggior numero di inserzioni per gli alloggi, oltre 65.000.
Una questione già dibattuta anche in Italia: nel 2016 furono i vertici di Federalberghi Liguria a pronunciarsi in merito, definendo nel nome dell’intera categoria la piattaforma come una forma di concorrenza sleale e invocando una regolamentazione più severa per gli host.