Come BMW sa molto bene, Google non guarda in faccia a nessuno quando si tratta di pratiche borderline per guadagnare popolarità : a Mountain View prendono molto sul serio il loro PageRank, e tutte le attività sospettate di far ricorso a subdoli trucchi finiscono presto per causare un declassamento del sito che tentano di promuovere: in gergo si dice che quel sito è stato colpito da una Google Penalty .
In aiuto dei meno esperti in fatto di SEO (Search Engine Optimization) ecco arrivare una comoda guida su come gestire un Google Penalty , prodotta da SEOmoz.org .
Prima di arrivare ai cinque passi fondamentali per capire se il proprio sito è colpito da Penalty, un breve riassunto delle tecniche giudicate illegali dalle policy di Google. La più celebre di tutte è il linking selvaggio , vale a dire linkare e farsi linkare da mezza Internet: è un mezzo molto diffuso per guadagnare popolarità e scalare le posizioni di un motore di ricerca, ma è anche una delle tecniche meglio conosciute dai ragazzi di BigG.
Un sito appena nato che raccolga decine e decine di collegamenti in poche ore è una circostanza sospetta : basta poco ai membri dello Spam Team per individuare i colpevoli e affibbiargli la tanto temuta -30 Penalty . Le voci in rete parlano anche dell’esistenza di una terribile e mortale -950 Penalty , una specie di colpo di grazia per le speranze di un imprenditore o di un blogger.
Esistono poi tante altre situazioni che possono condurre al declassamento: una Google Bomb , materiale copiato da un altro sito, una pagina link.htm zeppa di collegamenti strategici etc. Gli esperti oggi preferiscono parlare di filtri , visto che le tecniche adottate da BigM si sono fatte sempre più raffinate e sono in grado di coprire una vasta gamma di possibili trucchetti. Una lista molto completa di rischi e contromisure è disponibile qui .
Quali sono dunque i cinque passi per stabilire se un sito ha subito un Penalty? Prima di tutto bisogna verificare che il sito compaia ancora negli indici di Google: se non c’è, vuol dire che è attivo un ban dovuto a qualche pratica illecita. Se invece il sito è ancora presente, bisogna procedere a valutare la posizione in classifica: cercare il nome del dominio e vedere dove si piazza e cercare alcuni termini inclusi nelle pagine.
Se va tutto bene, vorrà dire che nessuna penalizzazione è stata applicata da Google: più probabilmente i concorrenti avranno aumentato la loro popolarità, grazie ad un SEO maggiore od a contenuti di migliore qualità. Se invece qualcosa va male… Chi è senza peccato scagli la prima pietra: i ragazzi di Google saranno comprensivi , riammettendo ogni sito che chiederà scusa e rimuoverà i contenuti illeciti cattivelli.
Nel business dell’era 2.0 è molto importante ottenere una buona posizione nei risultati dei motori di ricerca. Perdere qualche posizione o peggio finire in seconda pagina può costare denaro e persino il successo di una azienda. C’è chi arriva a fare causa a Google per questo, perdendo tra l’altro: che fosse tutto un trucco per guadagnare popolarità ?
Luca Annunziata