Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo 52/2004, la fattura elettronica diventa una realtà anche nel panorama italiano. Con l’intento di semplificare l’intero processo di fatturazione ed adeguarlo alle nuove tecnologie presenti sul mercato e già in uso presso le grandi aziende, il legislatore prima comunitario e poi nazionale ha inteso coniugare le esigenze relative alla fatturazione elettronica con quelle di controllo dell’Amministrazione tributaria.
Alla luce del decreto del Ministro Dell’Economia dello scorso 23 gennaio in cui viene riconosciuta ai fini fiscali l’archiviazione “ottica” (o digitale) dei documenti contabili obbligatori, la fatturazione elettronica completa dunque il quadro normativo, prevedendo l’utilizzo di strumenti informatici per l’intero processo di fatturazione, senza doverli necessariamente formalizzare su carta. Come anticipato precedentemente, la fattura elettronica o e-invoicing è un sistema di trasmissione elettronica già in uso presso le grandi aziende, le quali sono solite servirsi di tracciati quali EDI (Electronic Data Interchange) o Edifact (riconosciuto dalle Nazioni Unite per la contrattazione in rete); gli elevati costi dei networks proprietari e la complessità tecnica necessaria per il loro utilizzo ne hanno tuttavia inibito la diffusione presso le medie-piccole imprese, le quali hanno dunque preferito ripiegare su sistemi web-standard basati sul linguaggio XML, consentendo, così, lo sviluppo di sistemi e-invoicing a bassissimo costo.
Dal punto di vista strettamente tecnologico, la nuova normativa all’art. 1, par. 3, prevede che “la trasmissione per via elettronica della fattura,…è consentita previo accordo con il destinatario.” Fermo restando il consenso del destinatario della fattura come prerogativa essenziale all’emissione in forma elettronica, e convenuto il principio di neutralità tecnologica quanto a sistemi da utilizzare per la trasmissibilità, le condizioni perché tale emissione abbia valenza anche ai fini IVA sono: il documento deve essere immodificabile; il documento deve contenere un riferimento temporale; il documento deve essere chiuso dalla firma elettronica qualificata dell’emittente. La fattura elettronica, quindi, deve poter garantire circa data di emissione, integrità del contenuto ed autenticità della firma elettronica su ogni fattura o su ogni lotto destinato al medesimo soggetto col medesimo riferimento temporale.
La data di emissione in una fattura cartacea coincide con il momento della consegna o spedizione del bene o del servizio; in un ambiente elettronico in cui tempi e distanze sono ridotti, il momento temporale della trasmissione può persino venire a coincidere con quello della ricezione (o, appunto, consegna) del bene o del servizio, ed è per questo che il legislatore ha disposto che “la fattura è emessa al momento di effettuazione dell’operazione…”.
A bene vedere, questo potrebbe anche coincidere con il momento del pagamento del corrispettivo del bene o servizio oggetto di fatturazione, con inevitabili risvolti in ambito di marketing bancario: appare evidente, infatti, come banche e istituti finanziari possano trarre i maggiori vantaggi, proponendo soluzioni elettronici di incassi e pagamenti ora integrati con sistemi di fatturazione elettronica.
Quanto al contenuto della fattura, rimangono inalterate alcune indicazioni, quali: soggetti (ditta, denominazione o ragione sociale, residenza o domicilio dei soggetti fra cui è effettuata l’operazione, il numero di partita IVA dell’emittente); beni o servizi (natura, qualità e quantità dei beni o servizi formanti oggetto dell’operazione); base Imponibile (corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compreso il valore normale degli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono).
Rappresentano, invece, vere e proprie innovazioni le indicazioni relative a:aliquota o ammontare dell’imposta e dell’imponibile con arrotondamenti espressi al centesimo di euro; numero di partita IVA del cessionario del bene o committente il servizio qualora sia debitore d’imposta in luogo del cedente o del prestatore, con l’indicazione della relativa norma; data della prima immatricolazione od iscrizione in Pubblici Registri e numero dei chilometri percorsi, ore navigate o delle ore volate qualora si tratti di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi; l’annotazione che la stessa fattura è compilata dal cliente o da un terzo per conto del cedente o prestatore. Proprio quest’ultimo punto rappresenta una vera e propria innovazione nel processo di fatturazione: in tal modo, infatti, viene dato il via libera agli appalti di fatturazione, pratica, a dire il vero, già in uso soprattutto nelle imprese di maggiori dimensioni.
Sempre in tema di outsourcing, è bene precisare che l’unico soggetto ritenuto responsabile dell’emissione nei confronti dell’erario rimane colui che ha effettuato l’operazione rilevante.
È persino consentita l’emissione elettronica da parte del cliente o del terzo residente in un paese con il quale non esiste un rapporto giuridico di reciproca assistenza, previa comunicazione all’amministrazione finanziaria ed a condizione (non di poco rilievo pratico) che il soggetto passivo nazionale abbia intrapreso l’attività da almeno cinque anni, e che nei suoi confronti non siano stati notificati, nei cinque anni precedenti, accertamenti o contestazioni sostanziali in materia di IVA.
Secondo le disposizioni in esame, l’autenticità della provenienza della fattura elettronica e l’integrità del suo contenuto sono garantite dall’apposizione al documento stesso della firma elettronica , l’unico strumento ritenuto dal legislatore idoneo ad assicurare un adeguato livello di sicurezza tecnica ai fini anche del controllo delle Amministrazioni fiscali. Stante infatti l’obbligo di archiviazione della fattura elettronica nella stessa forma in cui è stata emessa (dunque, digitale), il requisito dell’apposizione della firma digitale avanzata o l’utilizzo di un sistema di certificazione analogo (ad es. EDI), è volto ad equiparare il più possibile l’emissione della fattura cartacea a quella elettronica, dotando anche quest’ultima dello stesso valore legale attribuito alla firma autografa (è bene precisare come, per essere definita “avanzata”, la firma digitale deve soddisfare circa trenta requisiti).
Regolata dall’art.2 punto 2. della direttiva 1999/93/CE, la firma elettronica avanzata viene creata, con mezzi esclusivi, dallo stesso firmatario, il quale diventa l’unico soggetto ritenuto responsabile sia dell’utilizzo della firma, sia dell’integrità del contenuto del documento a cui questa viene apposta, incluse eventuali successive modifiche. Definito il quadro operativo della nuova disciplina, rimane da analizzare il riflesso che questa comporta sul piano pratico. L’obbligo della firma telematica e della marcatura temporale, i costi di aggiornamento di hardware e software, l’esclusione delle aziende “giovani” con meno di cinque anni di attività (forse più inclini alle innovazioni tecnologiche) e di quelle che hanno ricevuto contestazioni o verifiche fiscali, porta a riflettere su come, nel panorama nazionale attuale, il provvedimento possa in realtà portare beneficio solo a quelle aziende che già si servono di sistemi di certificazione e che siano quindi già dotate di tutti gli strumenti necessari (lettore smart card, software di firma digitale avanzata il cui certificato è da rinnovare triennalmente, software di archiviazione digitale) e di addetti ai servizi informatici.
Appare quindi evidente come una grande spinta al decreto sia da rinvenire nella diffusione del commercio elettronico, adeguando procedure e strumenti “materiali” all’ambiente virtuale della rete. È anche da precisare come, già durante i lavori preparatori del nuovo regime dell’IVA applicabile agli scambi intracomunitari, era emersa la necessità di uniformare i ben quindici modelli di fattura circolanti all’interno della Comunità, coniugando l’esigenza di monitoraggio effettivo di tutte le operazioni.
Cristina Ferretti
www.consulentelegaleinformatico.it