Emmanuel Macron non intende fare passi indietro: la Francia intende dotarsi di un sistema di riconoscimento facciale che, sotto il nome in codice di “Alicem“, andrebbe a registrare l’impronta biometrica del viso di ogni cittadino per collegarla univocamente all’identità del soggetto. Così facendo, in qualsiasi momento, qualunque cittadino potrebbe essere riconosciuto per una più semplice gestione di qualsivoglia circostanza.
Alicem: e la privacy?
Quel che preoccupa è come la corsa di Macron verso il sistema Alicem sia al momento priva di freni: né le pressioni del gruppo “La Quadrature du Net“, né una serie di iniziative di natura legale, hanno finora saputo scalfire la convinzione con cui si sta portando a compimento il progetto. La Quadrature du Net ha portato avanti uno specifico ricorso per bloccare il decreto che autorizza lo sviluppo del sistema, cercando così di porre un argine ad una iniziativa destinata a far discutere: tante e tali potrebbero essere le conseguenze di una applicazione fattiva di Alicem, che la sua realizzazione non può (e non deve) passare sotto silenzio.
I tempi sono ormai stretti: entro novembre si inizierà a porre in essere il progetto ed entro fine anno dovrà essere a regime. Una tecnologia troppo scomoda che viene messa in piedi troppo in fretta, insomma, senza idee chiare (o quanto meno trasparenti) sugli utilizzi che si intende farne, né i limiti che vi si intendono porre. Dalle istituzioni francesi giungono ripetute rassicurazioni sugli ambiti di applicazione, sul tipo di dati archiviati e sulla detenzione dei dati stessi, come a dire: raccoglieremo i vostri dati ma li useremo in modo responsabile. Cosa si intenda esattamente per “responsabile”, però, non è ovviamente chiaro. Nel frattempo i dati dovrebbero essere prelevati, archiviati ed abbinati ad una specifica identità affinché ognuno possa essere marchiato a fuoco all’interno del database statale. Senza
Che sia questo uno dei casi in cui la tecnologia mette la società in fuorigioco? Il rischio, chiaramente, è alto. L’UE, scrigno primario del principio della tutela della privacy, avrà certamente qualcosa da obiettare, o almeno molto da approfondire in tema GDPR: può un paese europeo pensare di porre in essere una raccolta dati tanto massiva senza prima aver dato vita a misure di sicurezza sufficienti e senza avere anzitempo policy di gestione delle informazioni chiare, trasparenti e condivise?