Il cielo sopra le nostre teste è oramai una discarica pericolosa. L’Agenzia Spaziale Europea lo spiega bene in un documentario che fa venire i brividi. I detriti spaziali non sono più solo un problema per astronauti e satelliti, ma una minaccia concreta per noi tutti.
Troppi detriti spaziali, la denuncia dell’ESA
Il rischio? Un effetto domino catastrofico. Quando un detrito colpisce un satellite, ne genera altri, che a loro volta provocano nuove collisioni. Senza contare la saturazione dell’orbita.
Oramai il cielo è un campo minato. Più di 100 milioni di frammenti che sfrecciamo come proiettili impazziti a 35.000 chilometri all’ora. Nel 2024 ci saranno 10.200 satelliti attivi, che diventeranno 100.000 entro il 2030. Negli ultimi dieci anni, le manovre d’emergenza per evitare scontri catastrofici sono raddoppiate. “Un satellite su due lanciato oggi potrebbe minacciare una missione cruciale domani“, insiste l’ESA. Da notare che l’Agenzia spaziale europea spera di lanciare una missione su Marte già nel 2035.
Una corsa contro il tempo nello spazio
I rischi non sono solo teorici. GPS, transazioni bancarie, previsioni meteorologiche: dipendono tutti da satelliti. Una collisione grave potrebbe paralizzare una cascata di servizi. “Immaginate un mondo senza navigazione aerea o senza sincronizzazione temporale per i mercati… Questo è il nostro futuro se non reagiamo.“, avverte il documentario.
Per limitare i danni, l’ESA sta imponendo regole severe: i satelliti devono essere disattivati entro 5 anni dal loro pensionamento e i loro serbatoi devono essere svuotati per evitare esplosioni. L’agenzia sta anche spingendo per la “capacità orbitale“, limitando il numero di veicoli spaziali per zona, come i parcheggi cosmici.
Ma il tempo sta per scadere. Nonostante i progetti di pulizia (reti, arpioni, ecc.), le start-up non riescono a tenere il passo con il ritmo frenetico dei lanci. “Ogni nuovo razzo aggrava il problema“, secondo gli esperti. Qual è la soluzione? Una campagna di sensibilizzazione globale… prima che l’orbita diventi un colabrodo.