Il CFO Ruth Porat e il CEO Sundar Pichai si sono interfacciati con gli investitori per presentare i risultati finanziari ottenuti da Alphabet nel corso del Q1 2019. La parent company californiana continua a trarre la maggior parte dei suoi profitti dall’advertising (30,7 miliardi di dollari in tre mesi), più di quanto fatto nello stesso periodo dello scorso anno (26,6 miliardi).
Alphabet nel Q1 2019
Il core business del gruppo, dunque, non cambia. Il motore di ricerca e il circuito pubblicitario rimangono di importanza centrale per Google e per le altre divisioni del colosso di Mountain View. Senza addentrarci troppo nei freddi numeri, risulta interessante notare come le cosiddette Other Revenues, le entrate che tengono conto anche dei proventi legati a dispositivi hardware come gli smartphone Pixel, gli apparecchi Nest e gli speaker/display per la casa Home, siano in aumento: 5,4 miliardi nel Q1 2019, più dei 4,3 miliardi di un anno prima, ma meno dei 6,5 miliardi registrati nell’ultimo trimestre del 2018.
Secondo Porat, la crescita avrebbe potuto spingersi oltre, ma è stata ostacolata dalla forte concorrenza nel segmento degli smartphone premium. Forse anche per questo bigG sembra essere ormai in procinto di presentare nuovi telefoni di fascia media, al momento noti come Pixel 3a e 3a XL: possibile, ma non confermata, la loro comparsa sul palco dell’evento I/O 2019 che andrà in scena la prossima settimana dal 7 al 9 maggio.
Le Other Bets continuano a richiedere importanti investimenti, ma questo è parte integrante del DNA del gruppo. Da gennaio a marzo sono state responsabili di perdite per 868 milioni di dollari, più dei 571 milioni registrati nello stesso periodo dello scorso anno. Fanno parte di questo insieme progetti legati ad esempio alla guida autonoma (Waymo), alla consegne via drone (Wing), alla ricerca medica (Verily) e alla connettività calata dal cielo (Loon).
Complessivamente, le entrate nel Q1 2019 si sono attestate per Alphabet a 36,3 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 39,2 miliardi del Q4 2018. Sul conteggio ha pesato anche la sanzione da 1,7 miliardi delle Commissione Europea, stabilita in marzo al termine di un’indagine su pratiche ritenute anticoncorrenziali nel mercato dell’advertising.