In Alphabet c’è aria di festa. E i festeggiamenti sono addirittura doppi. C’è innanzitutto da brindare per la promozione di Sundar Pichai che da CEO di Google passa a far parte del consiglio di amministrazione di Alphabet , coronando così più che degnamente i suoi 13 anni di azienda. Parallelamente si brinda anche per un secondo trimestre particolarmente brillante, in crescita dal punto di vista dei guadagni del 21 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016.
Pichai è stato assunto in Google nel 2004 per gestire lo sviluppo di prodotti chiave per l’azienda, fatto salvo poi ricevere l’incarico di coordinare il team coinvolto nella strategia di sviluppo di tutti i prodotti e piattaforme firmate Google (da agosto 2015). Larry Page, CEO di Alphabet, ha espresso parole di elogio nei suoi confronti: “Sundar ha fatto un gran lavoro come CEO di Google guidando verso una forte crescita, collaborazione e elevata innovazione dei prodotti. Mi piace molto lavorare con lui e sono orgoglioso che si sia unito al consiglio di amministrazione di Alphabet”.
Le congratulazioni per il nuovo tassello che Pichai ha aggiunto alla sua straordinaria carriera, fanno eco alla soddisfazione di Ruth Porat CFO di Alphabet : “con guadagni di 26 miliardi di dollari, 21 per cento in più rispetto al secondo trimestre del 2016 e 23 per cento in progressivo, stiamo vivendo una forte crescita con grande slancio, continuando a fare investimenti mirati verso nuovi flussi di entrate”. Dopo una trimestrale di fine 2016 più che positiva e una sostanziale conferma del primo trimestre dell’anno, Alphabet deve fare i conti con elevate aspettative. I dati effettivamente risultano positivi nonostante la sanzione di 2,7 miliardi di dollari (2,42 miliardi di euro) della Commissione Europea per abuso di posizione dominante responsabile, in questo caso, di un calo degli utili del 27,8 per cento: 3,52 miliardi di dollari rispetto a 4,88 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Senza la multa gli utili avrebbero superato i 6 miliardi .
Gli analisti sono giustamente cauti . Non è un caso che in borsa il titolo non abbia visto una volata. Ciò che fa preoccupare, come sottolinea Bloomberg , è in particolare il costo di acquisizione del traffico da riconoscere ai partner che è salito di un punto percentuale, passando dal 21 al 22 per cento. Il motivo è presto detto: le formule pubblicitarie moderne che passano sempre più attraverso YouTube e altre piattaforme automatizzate prevedono una cessione maggiore degli introiti rispetto ai modelli di inserzioni standard basati sulla ricerca online. Acquisire traffico quindi è costato a Google più di 5 miliardi di dollari contro i 3,98 dell’anno precedente, a fronte di un calo del costo dei click del 23 per cento (contro una previsione degli analisti del 14,6 per cento).
Google può crogiolarsi comunque su una netta avanzata della raccolta pubblicitaria passando in un anno da 19 milioni a quasi 23 milioni di dollari. E non è banale nemmeno il +42,3 per cento registrato dall’aggregato di servizi cloud, smartphone Pixel e Play Store.
Mirko Zago