Chi in questi giorni facesse un giro in centro, nella capitale, e si soffermasse qua e là nei caffè distribuiti tra il Pantheon e Campo Marzio si accorgerebbe che in uno dei luoghi più inquinati di Roma si respira un’aria nuova: nel Palazzo in molti, in troppi, temono che possano arrivare al pubblico i contenuti delle proprie conversazioni telefoniche. E fanno bene: in queste settimane come riportano tutti i media sono emersi i veri metodi delle intercettazioni di massa, le connivenze e le insabbiature, l’abuso sistematico. Tutte faccende dolorose, ampiamente previste e prevedibili , su cui sta indagando la magistratura , in inchieste che non saranno facili e che porteranno nuovi dolori. Il Governo punta sul decreto salvacavoli ma non è detto che salvi anche le capre : si cerca cioè di bruciare tutte le carte “illegali” ma, non avendo l’esatto profilo dei fatti, non si sa se l’obiettivo verrà raggiunto. L’importante ora, evidentemente, è dimostrare dinamismo.
Se quanto accaduto è dirompente , l’offesa è di chi se ne dice sorpreso: l’Italia è da anni in testa in Europa per quantità di intercettazioni, abbiamo un dispositivo sulla data retention che è il più severo e inutile dell’Unione Europea, soffriamo dell’incapacità storica di concepire i diritti civili quali pietre fondanti del nostro modo di vivere. Da qui a varare normative restrittive, e a concepire le nuove tecnologie come buona occasione per ottenere un più stretto controllo su chiunque, il passo è stato breve e, poiché quest’Italia è claudicante, inevitabilmente fallace, la reazione delle vittime , o di quelle che sanno di esserlo, non può che trovare l’appoggio popolare.
E bene così, dunque, che l’ordigno covato per lungo tempo nelle segrete stanze sia finalmente scoppiato. Il punto, però, è chiedersi cosa accadrà ora: è appena scoppiato e già sono arrivati quelli del genio civile. Da un lato veniamo informati che i responsabili sono sotto inchiesta e non la passeranno liscia, dall’altra il Governo assicura che con i provvedimenti d’urgenza e quelli che seguiranno la ferita sarà curata e cicatrizzerà presto.
Ma ne siamo sicuri? C’è davvero in atto un’estesa riflessione su metodi, mezzi e sicurezza tale da assicurarci che l’Italia non percorrerà mai più la via della schedatura di massa priva di ogni controllo e in mano a persone che invece ai controlli sfugge per così tanto tempo e in modo così plateale? Siamo davvero ad un punto di svolta nella concezione delle nuove tecnologie, della manutenzione delle banche dati, nella raccolta delle informazioni personali? Abbiamo finalmente compreso che la parola privacy non si spalma impunemente come stantìo belletto su decreti che legalizzano la violazione dei diritti civili?
In queste ore l’intervento più disvelante è arrivato dal Garante per la privacy. Con un comunicato , l’Autorità che si trova per mandato istituzionale al centro dello scandalo lancia un appello: “Nessuno pubblichi i contenuti dei dossier illegali”. E spiega: “Dall’inchiesta della magistratura milanese sta emergendo che migliaia e migliaia di cittadini sono stati controllati e spiati illegalmente”. Davanti a simili fatti, l’impotenza dell’istituzione di garanzia, che si palesa gravissima in questa nota, forse più di ogni altra cosa ci dà il senso di quanto sia fitta la nebbia in cui ci siamo cacciati.
Veniamo da un periodo bollente per le intercettazioni in tutto il Mondo, e nell’era del digitale e dell’antiterrorismo questo certo non sorprende più, un tempo nel quale in paesi come gli Stati Uniti si legalizza l’impensabile ed è per questo, perché già ci si è passati troppe volte, che il cosiddetto scandalo intercettazioni non deve essere chiuso con due colpi di cerone e rassicurazioni da quattro soldi. Un attentato ai diritti costituzionali perpetrato in modo sistematico e con la complicità di mezzi e normative si risolve solo perdendoci sopra tutto il tempo necessario a capire cosa è successo e cosa si può fare – e se si può fare – per evitare che accada di nuovo.
I precedenti interventi di S.M. sono disponibili a questo indirizzo