Tanto tuonò che piovve. La Commissione Europea ha deciso che Amazon deve restituire al Lussemburgo 250 milioni di euro di tasse non versate grazie a vantaggi fiscali indebiti . L’indagine sul ruling fiscale in alcuni Stati membri della Ue era iniziata nel 2014. In sostanza, Amazon avrebbe fruito di un notevole taglio delle tasse in danno alla concorrenza.
Nelle sue conclusioni , la Commissione afferma che, utilizzando lo strumento del ruling fiscale (emanato nel Lussemburgo nel 2003 e rinnovato nel 2011), Amazon ha potuto trasferire la maggior parte dei suoi utili da una società del gruppo soggetta a tassazione in Lussemburgo (Amazon EU) a una società non soggetta, Amazon Europe Holding Technologies. Il ruling fiscale ha permesso il pagamento di una royalty da parte di Amazon EU ad Amazon Europe Holding, riducendo così drasticamente gli utili imponibili di Amazon EU.
Margrethe Vestager, Commissaria responsabile della Concorrenza, sintetizza così l’operazione: “Il Lussemburgo ha concesso ad Amazon vantaggi fiscali illegali, con il risultato che quasi tre quarti degli utili della società non sono stati tassati. In altre parole, è stato concesso ad Amazon di pagare quattro volte meno imposte rispetto ad altre imprese locali soggette alle stesse regole. Ciò è illegale ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato. Gli Stati membri non possono concedere a multinazionali vantaggi fiscali selettivi che non concedono ad altre imprese”.
Vediamo di capire meglio il meccanismo utilizzato da Amazon per eludere il fisco lussemburghese (apparentemente con il consenso dello stesso). Europe Holding Technologies è una società in accomandita semplice, senza uffici, dipendenti o attività commerciali, che agisce da intermediaria tra la società di gestione e Amazon negli Stati Uniti. La Holding detiene diritti di proprietà intellettuale per l’Europa in forza di un “accordo di ripartizione dei costi” con Amazon negli Stati Uniti, senza però farne un uso attivo ma limitandosi a concederli in licenza esclusiva alla compagnia di gestione che li utilizza per gestire il commercio al dettaglio in Europa di Amazon. La Holding effettua pagamenti annuali a favore di Amazon negli Stati Uniti al fine di contribuire ai costi di sviluppo della proprietà intellettuale.
Ai sensi della legislazione fiscale lussemburghese, la società di gestione è soggetta all’imposta sulle società in Lussemburgo, mentre la holding, data la forma giuridica di società in accomandita semplice, non lo è. Ovvero, sono tassati solo gli utili dei soci della Holding, ma non quelli della società. I soci però risiedono negli Stati Uniti e finora non hanno ottemperato ai loro obblighi fiscali.
Secondo l’analisi della Commissione Europea, Amazon ha fatto uso di questa struttura, consentita dal ruling fiscale, dal 2006 al 2014, anno in cui ha modificato il suo modo di operare in Europa. L’indagine sugli aiuti di Stato della Commissione si ferma pertanto al 2014 .
Va chiarito che l’indagine della Commissione non mette in dubbio che la Holding detenesse i diritti di proprietà intellettuale che concedeva in licenza alla società di gestione, né i pagamenti regolari effettuati dalla Holding a favore di Amazon negli Stati Uniti. Non viene neanche accusato il regime fiscale generale del Lussemburgo in quanto tale. Il punto focale sul quale si appunta la richiesta di recupero dell’imposta evasa sta nel fatto che i pagamenti hanno superato in media il 90 per cento degli utili di esercizio della società ed erano largamente superiori a quanto la holding avrebbe dovuto versare ad Amazon negli Stati Uniti secondo l’accordo di ripartizione dei costi (circa 1,5 volte tanto).
Con la sua decisione la Commissione ha innanzitutto inteso definire la metodologia per calcolare l’entità del vantaggio competitivo conferito ad Amazon, cioè la differenza fra le imposte pagate e quelle che l’impresa avrebbe dovuto versare senza il ruling fiscale, vantaggio stimato appunto in circa 250 milioni di euro più gli interessi. Spetta ora alle autorità fiscali del Lussemburgo determinare l’importo preciso da recuperare. Le norme UE sugli aiuti di Stato impongono di recuperare l’aiuto di Stato incompatibile per eliminare la distorsione di concorrenza che ha creato. V’è da rilevare che tali norme non prevedono ammende né sanzioni nei confronti delle società ma si limitano a ripristinare la parità di trattamento con le altre imprese. Il pronunciamento della Commissione Europea verso Amazon ha il solo scopo, quindi, di correggere una distorsione del mercato che aveva attribuito alla società di ecommerce un indubbio vantaggio sulla concorrenza.
Pronta è arrivata la replica di Amazon: “Riteniamo che Amazon non abbia ricevuto alcun trattamento speciale dal Lussemburgo e di aver pagato le tasse in piena conformità con la legislazione fiscale lussemburghese ed internazionale”, si afferma in una nota. “Studieremo la decisione della Commissione e valuteremo le nostre opzioni legali, tra cui il ricorso in appello. I nostri 50.000 dipendenti in tutta Europa rimangono focalizzati a offrire il miglior servizio ai nostri clienti e alle centinaia di migliaia di piccole imprese che lavorano con noi”.
Una risposta pienamente in linea con il marketing dell’azienda, nella quale, oltre a una chiara discolpa di quanto rilevato dalla Commissione Europa, si può leggere tra le righe il messaggio che azioni come questa potrebbero mettere a rischio molti posti di lavoro nella UE.
L’attività di analisi delle pratiche di ruling fiscale nella UE è iniziata nel giugno 2013. I primi risultati sono giunti nell’ottobre 2015, quando la Commissione ha concluso che il Lussemburgo e i Paesi Bassi avevano concesso vantaggi fiscali selettivi rispettivamente a FIAT e a Starbucks. Nel gennaio 2016 è stata la volta del Belgio, che ha concesso vantaggi fiscali selettivi ad almeno 35 multinazionali, prevalentemente dell’UE. Nell’agosto 2016 è toccato all’Irlanda, per aver concesso ad Apple vantaggi fiscali indebiti per un totale di 13 miliardi di euro. La Commissione sta attualmente svolgendo due indagini approfondite riguardanti McDonald’s e GDF Suez (Engie) per accertare se i ruling fiscali in Lussemburgo possano costituire aiuti di Stato.
Pierluigi Sandonnini