Prime Now, il servizio di consegne rapide di Amazon, sbarca in Italia : esordisce a Milano, per poi estendersi ad altre città italiane nel corso del 2016.
Con Prime Now il negozio digitale promette la consegna in un’ora o in una finestra di due ore , dalle 8 del mattino a mezzanotte, sette giorni alla settimana, per oltre 15mila prodotti tra cui alimentari, surgelati, prodotti per l’infanzia, per la bellezza e per la cura della persona: basta un ordine minimo di 19 euro e, per il momento, vivere a Milano, Cinisello Balsamo, Paderno Dugnano ed altre città dell’hinterland milanese.
“L’Italia – ha raccontato François Nuyts, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es – è il secondo Paese in Europa dove Prime Now è stato lanciato e siamo molto orgogliosi di offrire ai nostri clienti Prime una consegna ultra-veloce, oltre ai benefici di cui possono già godere grazie al loro abbonamento Prime”.
Proprio i prodotti di utilizzo quotidiano rappresentano per Amazon la nuova vera sfida, tanto che sta sperimentando diversi servizi per conquistare tale mercato: portando la spesa a casa – un concetto tanto semplice quanto efficace – spera appunto di estendere i prodotti e gli acquisti per cui viene scelto.
Il tutto avviene mentre il servizio è negli Stati Uniti al centro di una vicenda legale a seguito della denuncia depositata da alcuni dipendenti Amazon presso il Tribunale della California .
A ricorrere alle vie legali sono quattro ex addetti alle consegne Amazon Prime Now: nella denuncia si parla di “mancato pagamento del salario minimo”, “mancato pagamento degli straordinari” ed in generale il mancato rispetto della normativa sul lavoro vigente per il ruolo da esso svolti.
D’altra parte la consegna tempestiva, in attesa che Amazon sia pronta ad impiegare droni e la normativa lo permetta, è affidata all’efficiente organizzazione della forza lavoro ed al suo inquadramento basato su orari flessibili e distribuiti in modo tale da garantire una copertura totale. Il tutto – non bisogna dimenticarlo – tenendo sotto controllo i costi, che devono essere il più possibile contenuti per rendere il servizio appetibile anche da quel punto di vista.
Tutti elementi che non sembrano combaciare con i diritti conquistati negli anni dai lavoratori: il pagamento degli straordinari, le pause pranzo previste da contratto, le assicurazioni ecc.
Da tali ostacoli nascono una serie di sperimentazioni, inquadrate dai media concetto di “gig economy”, per il reclutamento di corrieri occasionali e autonomi per consegne rapide: l’ ultima declinazione è Amazon Flex, un programma di consegne fra pari con il quale l’azienda di Jeff Bezos incarica ordinari cittadini e non corrieri specializzati alla consegna dei pacchi, in cambio di una paga oraria. Un inquadramento simile a quello degli autisti amatoriali di Uber e che come quello non ha mancato di attirare denunce e l’attenzione delle autorità.
Claudio Tamburrino