Lo stop alle attività nei sei magazzini di Amazon in Francia è protratto almeno fino al 22 aprile. I vertici del gruppo statunitense non hanno dunque raggiunto un accordo con le rappresentanze dei lavoratori locali. Gli impiegati nei centri di smistamento delle merci chiedono maggiori tutele per poter operare in condizioni di assoluta sicurezza nell’ambito della crisi sanitaria in corso.
Francia: ancora fermi i sei centri Amazon
Una questione già dibattuta anche oltreoceano (con il caso Christian Smalls) e in Italia (con lo sciopero di Castel San Giovanni). La scorsa settimana un tribunale locale ha ordinato alla società di concentrarsi esclusivamente sugli ordini per i beni di prima necessità e i dispositivi medici così da alleviare il carico di lavoro dei dipendenti e facilitare l’adozione di misure come il distanziamento tra i soggetti. Amazon dal canto suo ha risposto imponendo uno stop completo, inizialmente fino al 20 aprile, poiché non in grado di interpretare l’imposizione. Queste le parole di rédéric Duval, Country Manager, raccolte nei giorni scorsi.
C’è un’enorme ambiguità. Un tagliaunghie è un prodotto per l’igiene personale? E i preservativi vanno considerati dispositivi medici? Non sono in grado di stabilirlo.
Nel fine settimana la notizia del nuovo rinvio per l’apertura. Intanto i tempi di consegna si allungano inevitabilmente. L’azienda sta cercando di porvi rimedio dirottandone quando possibile la gestione verso i magazzini degli altri paesi europei, in attesa di poter tornare pienamente operativa in Francia.
Ricordiamo che all’inizio del mese Amazon ha confermato l’adozione di misure precauzionali per tutti i propri centri logistici nel mondo: dalla fornitura di mascherine ai dipendenti fino al controllo della temperatura corporea per chi accede alle strutture.