Amazon si era detta preparata a difendere il sistema di acquisti in-app per le applicazioni dedicate ai propri dispositivi: la Federal Trade Commission statunitense si è mossa , depositando una denuncia nei confronti del versante digitale dello store online, nel mirino per le pratiche di acquisto troppo agevoli, che permetterebbero acquisti in-app incauti, anche da parte di minori che si intrattengono con i dispositivi dei genitori. Amazon, sottolinea la FTC senza esprimere giudizi ulteriori , trattiene il 30 per cento su ogni transazione.
La denuncia delle autorità statunitensi intende proibire ad Amazon di agevolare gli acquisti compiuti senza consenso informato da parte dei titolari degli account, e imporre allo store digitale di rimborsare tutti coloro che abbiano subito addebiti che non hanno autorizzato. Amazon, ricostruisce la FTC, nel novembre 2011 ha introdotto per le app dedicate ai propri dispositivi la possibilità di offrire transazioni interne: per una manciata di mesi, per effettuare gli acquisti nel contesto delle app non era necessario l’inserimento di alcuna password. Chiunque stringesse fra la mani il dispositivo avrebbe potuto accaparrarsi moneta virtuale da spendere, nuovi scenari per prodotti videoludici e qualsiasi cosa avesse previsto la fantasia degli sviluppatori di app. Solo nel marzo 2012 Amazon ha fissato la soglia dei 20 dollari, superata la quale il detentore dell’account avrebbe dovuto inserire la propria password personale per autorizzare le transazioni. Gli stessi dipendenti di Amazon, in email interne ottenute dalla FTC, descrivevano la situazione come pericolosa per gli utenti, e rischiosa per l’azienda stessa.
Solo nel 2013 Amazon è passata ad un sistema differente di gestione degli acquisti in-app, quello delle finestre temporali : si prevedeva l’inserimento della password al momento del primo acquisto, senza la necessità di reinserirla per un tempo che variava tra i 15 minuti successivi e l’ora successiva, nei quali era possibile scialacquare senza ostacoli. Ma è solo nel corso del mese di giugno che Amazon, forse sulla base delle scelte operate da Apple e Google , ha subordinato ogni transazione al consenso informato e permette agli utenti di impostare un sistema di protezione che preveda l’inserimento della propria password in occasione di ogni acquisto. Fino a quel momento, le segnalazioni e le richieste di assistenza da parte di inconsapevoli acquirenti si sono moltiplicate, fra madri a cui sono stati addebitati 358,42 dollari e famiglie vittime dello smanettare di infanti ancora incapaci di leggere.
Secondo FTC, Amazon non prevede che gli acquisti siano rimborsabili, salvo eccezioni, che comportano però un percorso tortuoso. Stando invece alle dichiarazioni dello store online, i sistemi di parental control sarebbero adeguati , e si sarebbe proceduto ai rimborsi degli acquisti incauti. Per questo motivo Amazon ostenta la propria fiducia nel confronto in tribunale.
Apple, dal canto suo, è stata al centro delle indagini delle autorità statunitensi dopo rimostranze degli utenti analoghe a quelle che hanno colpito Amazon: Cupertino ha però imboccato la strada dell’accordo, accettando di rimborsare 37mila utenti con 32,5 milioni di dollari. E fra le indagini delle autorità di mezzo mondo , Italia compresa , il nome sulla bocca di tutti è quello di Google: già colpita da una denuncia negli States, Mountain View potrebbe essere la prossima a dover difendere il proprio Play Store di fronte alla FTC. Ad informare la FTC riguardo alla situazione sarebbe stata Apple.
Gaia Bottà