Roma – Nel febbraio del 1998 numerosi sistemi del Pentagono subirono il più massiccio attacco informatico mai registrato, secondo l’allora viceministro della Difesa americano John Hamre. Un attacco effettuato grazie ad un baco dei sistemi Sun Solaris per il quale, tuttavia, da tempo esisteva la cura. Dopo un’indagine a cui hanno partecipato esperti della CIA, della NSA, della NASA, dell’Air Force, della DISA e del dipartimento di giustizia americano, fu individuato il “pericoloso hacker” che era entrato nei sistemi, il 18enne Ehud Tenembaum, un israeliano.
Noto come “The Analyzer”, Tenembaum è stato ora condannato, ad anni di distanza, da un tribunale del suo paese. Dopo aver ammesso di essersi infiltrato in computer governativi americani e israeliani, dopo essersi dichiarato colpevole di cospirazione, di accesso abusivo a sistemi informatici, di interruzione di servizi e di cancellazione delle prove, “The Analyzer” è stato condannato a sei mesi di servizio sociale, a due anni di carcere con sospensione valida solo se in questi due anni non commetterà altri reati informatici, e a una multa di 40 milioni di lire per i danni commessi.
L’accusa aveva chiesto per Tenembaum la permanenza dietro le sbarre per un periodo non inferiore ad un anno ma sulla giuria deve aver influito il fatto che in questo tempo il ragazzo è diventato chief technology office di una società di sicurezza informatica israeliana dimostrando, secondo i canoni richiesti, di aver messo “la testa a posto”.