Anche Blekko contro lo spam del search

Anche Blekko contro lo spam del search

La startup adotta misure drastiche nei confronti delle content farm. Molto più drastiche di quanto abbia invece deciso di fare Google
La startup adotta misure drastiche nei confronti delle content farm. Molto più drastiche di quanto abbia invece deciso di fare Google

Dopo aver introdotto la possibilità di fare ricerche online a prova di spam e contenuti non pertinenti, Blekko fa ora un ulteriore passo in avanti contro la iattura delle content farm e delle pagine web messe in piedi con il solo scopo di scalare i ranking nei motori di ricerca. La piccola startup del search “curato” dagli utenti ha infatti deciso di mettere definitivamente al bando i maggiori network dediti alla produzione di contenuti di bassa qualità a scopo esclusivamente pubblicitario.

Blekko, che già offre la possibilità di circoscrivere le proprie ricerche attraverso l’uso dei cosiddetti “slashtag”, ha cominciato a filtrare automaticamente i domini appartenenti a quelli che vengono definiti “spam offender” come Demand Media (eHow, Answerbag), encyclopedia.com , chacha.com , 123people.com , networkedblogs.com e altri.

La novità anti-spam del motore di ricerca “alternativo” (e disponibile anche in versione mobile ) rappresenta una ulteriore accelerazione nella guerra recentemente acuitasi tra network pubblicitari e servizi di ricerca online , una guerra che anche Google dice di voler combattere mettendosi dalla parte degli utenti contro chi spaccia spazzatura per vendere inserzioni pubblicitarie.

Ma i primi risultati delle modifiche che Mountain View ha detto di voler apportare agli algoritmi di selezione del ranking non sono esattamente incoraggianti, visto che – come Google stessa conferma – la percentuale di query interessate ammonterebbe ad appena lo 0,5 per cento del totale. L’obiettivo, dicono da Mountain View, resta quello di far trovare agli utenti “i siti che hanno prodotto i contenuti originali piuttosto che un sito che ha raccolto o copiato da essi”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
3 feb 2011
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