Brandiscono controller, si proiettano nelle sfide che si avvicendano sugli schermi, giocano tanto, giocano tutti. Ma non per questo nelle famiglie dovrebbero strisciare apprensioni e incomprensioni: i videogiochi possono formare cittadini consapevoli e pienamente integrati nella società civile.
A tracciare un panorama dell’impatto della videoludica sui giovani statunitensi è Pew Internet & American Life Project : a cavallo tra 2007 e 2008 ha interpellato un migliaio di ragazzi tra i 12 e i 17 anni e le rispettive famiglie. Ne è emerso che il 99 per cento dei ragazzi e il 94 per cento delle ragazze si lascia avvincere da giochi di ogni sorta. Poco importa che l’azione scorra su schermi imponenti o su una manciata di pollici, poco importa smanettare con controller tempestati di bottoni o misurarsi con una tastiera numerica: i ragazzi giocano con computer, telefonini, console , molti di loro anche con tutti e tre i tipi di dispositivi. L’importante pare sia giocare: la metà di coloro che hanno partecipato allo studio hanno dichiarato di aver giocato nelle precedenti 24 ore.
I genitori non dovrebbero temere altro che l’invasione di adolescenti schiamazzanti fra le mura domestiche: il gaming, rivela l’indagine Pew, è un’attività estremamente socializzante . A dispetto della diffusa convinzione che i videogiochi forgino giovani rabbuiati e solitari, la ricerca svela come siano proprio i videogame a rappresentare il fulcro di innumerevoli relazioni. Solo il 24 per cento dei ragazzi intervistati ha rivelato di considerare il gioco come un’esperienza immersiva da vivere in completa solitudine. Il 65 per cento dei giovani gamer dichiara invece di radunarsi davanti allo schermo in compagnia di amici e parenti, il 27 per cento degli intervistati sfida online altri player. “I gamer sono persone socievoli – assicura Amanda Lenhart, ricercatrice Pew – trascorrono del tempo insieme, come gli altri ragazzi, mandano email e messaggini”.
L’atteggiamento durante le sessioni di gioco? I ragazzi raccontano che fra contendenti c’è spesso chi si infervora e, avvampando, scaglia improperi contro avversari e contro il mondo intero. Ma l’85 per cento di loro assicura che sovente i compagni di gioco si sanno dimostrare generosi e garbati : cedono il controller, alleggeriscono la tensione agonistica di coloro che si sono lasciati pervadere dall’aggressività. Sono atteggiamenti positivi quelli che animano i ragazzi che si mettono alla guida di bolidi di pixel e quelli che si snervano al cospetto di rompicapo da risolvere allo schermo, due delle categorie giocate dai tre quarti degli intervistati. Ma non si osservano picchi di aggressività nemmeno fra i player che si aggirano per le strade di Liberty City armati fino ai denti: i titoli della serie GTA sono fra i più apprezzati ma, rivelano i dati emersi dalla ricerca e da una letteratura sempre più nutrita , i genitori non dovrebbero temere di convivere con potenziali assassini.
La ricerca Pew getta luce su una sfaccettatura poco indagata del carattere dei giovani gamer: i ragazzi che guidano player alle prime armi nelle sessioni di gioco, coloro che si intrattengono improvvisandosi demiurghi e accompagnano l’evolvere di una civiltà, si mostrano interessati al mondo che li circonda . Nonostante sia ancora da indagare quale dei due atteggiamenti influenzi l’altro, la relazione tra i tipi di esperienza videoludica e la partecipazione alla società civile si mostra con nettezza nei dati Pew: i ragazzi che nel gioco sviluppano una maggiore sensibilità nei confronti dell’altro e nei confronti delle dinamiche sociali sono gli stessi che tendono ad informarsi in maniera metodica, ad interessarsi alla vita politica, ad essere coinvolti in attività di volontariato.
Le famiglie sembrano non lasciarsi intrappolare dagli stereotipi: a fronte della maggioranza dei genitori che non dà peso al ruolo formativo dei game, solo il 13 per cento degli adulti intervistati ritiene i videogiochi uno strumento di perdizione. È però consigliabile vigilare sui ragazzi, ammoniscono i ricercatori di Pew. I gamer ammettono infatti di intrattenersi con giochi valutati come inadatti alla fascia d’età alla quale appartengono, il 32 per cento degli intervistati rivela che il titolo che preferiscono è stato classificato come destinato ad un solo pubblico adulto. Le famiglie dovrebbero dunque assisterli nella scelta, una responsabilità che il 55 per cento delle famiglie già si sobbarca; dovrebbero affiancare i ragazzi controller in pugno, attività in cui il 43 per cento degli adulti intervistati rifiuta di intrattenersi.
Gaia Bottà