Con una dichiarazione a mezzo blog inaspettata quanto già abbondantemente pronosticata, il giovane smanettone George Hotz ha comunicato al mondo di aver portato a compimento in un’impresa che non era sin qui riuscita a nessuno: GeoHot , com’è conosciuto nella “scena”, ha detto di aver hackerato la PlayStation 3 di Sony aprendo la strada a software homebrew , emulatori di PS2, gli immancabili loader di dischi pirata e altro ancora.
Dopo i modchip, gli exploit e gli hack a cui si erano già arrese Nintendo Wii e Microsoft Xbox 360, la PS3 era l’unica console di ultima generazione a resistere. Merito, dice GeoHot, di un sistema di sicurezza “piuttosto robusto” che però è finito per capitolare agli sforzi di ingegnerizzazione del celebre cracker dell’iPhone dopo 5 settimane e l’impiego di “hardware molto semplice e software non così semplice”.
GeoHot è il ragazzo responsabile di aver sbloccato il blindatissimo iPhone di Apple, ragion per cui è presumibile che le sue parole sulla PS3 corrispondano al vero anche se si è guardato bene dal pubblicare i dettagli del suo lavoro o l’exploit usato per avere “accesso in lettura e scrittura all’intera memoria di sistema e accesso a livello hardware del processore” della console.
Preventivando la solita ricorsa tra “guardie e ladri” che si innesca in casi del genere, GeoHot dice che la falla individuata nel sistema di Sony non può essere chiusa ma il produttore giapponese “può rendere le implementazioni molto più difficili” da battere. Molto lavoro rimane da fare, dice il giovane, e all’appello mancano ancora le chiavi di decrittazione integrate nella console.
Sia come sia, il crack della PS3 apre scenari di sviluppo di notevole interesse, viste le potenzialità dell’hardware della console (processore Cell multi-core a 3,2 GHz, prediletto da militari e ricercatori quando si tratta di calcolo parallelo su problemi e basi di dati complessi) e il precedente del mercato homebrew fiorito sulla console portatile PSP sempre di Sony.
Parlando con BBC circa le motivazioni delle sue imprese, GeoHot ha detto di essere mosso soprattutto dalla “curiosità” e dal desiderio di “aprire la piattaforma”. “Non ho mai davvero giocato con una PS3”, sostiene l’hacker, e la presumibile proliferazione di giochi pirata non ha nulla a che fare con lui e il suo lavoro di reverse engineering sull’hardware della console.
Alfonso Maruccia