La dottrina Sarkozy ha un che di virale: dopo aver attecchito in Francia e nel Regno Unito, anche il governo australiano ha annunciato di voler prendere seriamente in considerazione l’idea di coinvolgere gli ISP nella lotta alla pirateria. ISP che, come vigilantes della rete, potrebbero essere costretti per legge a punire i cittadini colti con la refurtiva digitale.
Il ministro delle Comunicazioni australiano ha esplicitamente fatto riferimento alla recente proposta di legge presentata nel Regno Unito, in base alla quale i provider dovrebbero farsi argine per contenere la fuga di opere protette dal diritto d’autore: il governo australiano la esaminerà e potrebbe decidere di introdurla nel proprio quadro legislativo.
Tutto gira intorno al cosiddetto three shots strike , il triplice avvertimento. È così che i netizen australiani potrebbero ricevere un’email, un’ingiunzione a desistere dal sospetto comportamento illegale. Il secondo warning potrebbe essere una sospensione dell’erogazione di connettività. Alla terza violazione, lo sciagurato condivisore rischia di essere punito con la terminazione del contratto con il provider. Questo, ricalcato su quanto previsto dalla proposta di legge francese e britannica, lo schema con cui i provider australiani potrebbero dover contribuire efficacemente alla lotta alla pirateria.
La storia si ripete, sul fronte dell’industria dei contenuti. Le major lamentano come nel 2007 2,8 milioni di utenti australiani delle reti del file sharing si siano scambiati illegalmente un miliardo di brani: da tempo l’industria dei contenuti premeva perché il governo agisse, obbligando i provider a espellere dalla rete i pirati più incorreggibili. Il coinvolgimento dei provider è indispensabile, ribadiscono da Music Industry Piracy Investigations ( MIPI ), il braccio anitipirateria della Australian Recording Industry Association ( ARIA ): “Poiché il P2P gioca su file musicali che risiedono sui computer degli utenti, c’è molto poco che MIPI possa fare per rimuovere questi file o impedire che vengano scambiati”. La minaccia dei provider potrebbe invece scoraggiare gli utenti che operano nell’illegalità.
La storia si ripete, sul fronte dei provider. Nel Regno Unito è la Internet Service Providers Association (ISPA) a dichiarare che i fornitori di connettività non sono che meri fornitori di servizi, in Australia è la Internet Industry Association ( IIA ) a confermare la posizione dei provider a cui fa capo: “Gli ISP non sono tenuti a far rispettare il copyright” ha spiegato Peter Corones, a capo della Association , si limitano a gestire i condotti in cui fluisce l’informazione. A punire i cittadini che agiscono in maniera illegale, a rappresentare per i cittadini uno spauracchio, dovrebbe essere la magistratura, infliggendo multe e sanzioni che non rappresentano un deterrente, poiché sono sempre state applicate con eccessiva parsimonia.
Gaia Bottà