L’Italia ha recepito la direttiva europea 2012/28/UE che regola la materia delle cosiddette opere orfane.
Un’opera o un fonogramma, come specifica la normativa , si definiscono “orfane” se nessuno dei titolari dei diritti su di esse è stato individuato, oppure se uno o più di loro siano stati individuati ma “nessuno di loro è stato rintracciato, al termine di una ricerca diligente svolta”. Tale ricerca dovrà essere registrata, nel caso italiano, presso il Ministero dei Beni Culturali: quest’ultimo dovrebbe istituire un database ad hoc per cui non sono state ancora però stanziate le risorse. Al termine di tutti i passaggi burocratici definiti nella direttiva e nel suo recepimento l’opera sarà ufficialmente definita “orfana”.
Queste opere rappresentano un problema di gestione perché rischiano di non poter entrare nel patrimonio del pubblico dominio, la zona di libertà dal diritto d’autore in cui entrano tutte le opere dopo che sono passati (in Italia) 70 anni dalla morte dell’autore: se questi sono sconosciuti (o irrintracciabili) si rischia di vedere rimandata tale scadenza. Per questo l’Europa ha deciso di intervenire sulla questione con una direttiva ad hoc, la già citata 2012/28/UE, che ha lo scopo di fornire alle istituzioni pubbliche i mezzi per sfruttarle e renderle una risorsa per la collettività e favorire la libera circolazione della conoscenza nel mercato unico europeo.
L’ordinamento italiano ha recepito la direttiva con il decreto legislativo N.163 del 10 Novembre 2014, approvato lo scorso 30 ottobre e destinato ad entrare in vigore il prossimo 25 novembre.
La parte centrale dell’intervento normativo euro-italiano è quella che riconosce precise possibilità agli enti culturali pubblici: le biblioteche, gli istituti di istruzione e i musei accessibili al pubblico, nonché gli archivi, gli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e le emittenti di servizio pubblico hanno la facoltà di utilizzare tali opere orfane sempre, nel rispetto dei loro fini . In particolare tali istituti potranno procedere alla “riproduzione ai fini di digitalizzazione, indicizzazione, catalogazione, conservazione o restauro” e “messa a disposizione del pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Eventuali ricavi potranno essere destinati a coprire i costi della digitalizzazione.
Claudio Tamburrino