Android: blocco dello streaming sui device moddati

Android: blocco dello streaming sui device moddati

Google sta lavorando a una nuova API che potrebbe andare a bloccare la riproduzione dei contenuti multimediali sui device Android moddati.
Android: blocco dello streaming sui device moddati
Google sta lavorando a una nuova API che potrebbe andare a bloccare la riproduzione dei contenuti multimediali sui device Android moddati.

Stando a quanto emerso nelle scorse ore, Google sta lavorando a una nuova API che potrebbe andare a impedire la riproduzione di contenuti multimediali sui dispositivi Android moddati, ovvero quelli con root attivo o con botloader sbloccato.

Android: Google dice stop allo streaming sui device moddati

Al momento, non sono disponibili ancora molti dettagli, ma è evidente che “big G” desidera avere maggiore controllo sul tipo di device autorizzati alla riproduzione di film, musica e altri contenuti in streaming. Ad ogni buon conto, si tratta di un approccio già adottato da molti provider, come ad esempio da Netflix, che sfrutta una soluzione del genere unitamente al blocco della condivisione dell’account.

In precedenza Google ha lavorato per diverso tempo alla Web Integrity API, che permetteva ai siti Web di accedere al dispositivo per verificare se era stato manomesso, o per meglio dire modificato dall’utente, almeno nella maggior parte dei casi. Avendo tuttavia ricevuto svariate critiche, Google ha poi deciso di accantonare l’idea.

Successivamente, l’azienda ha proposto la Android WebView Media Integrity API, promettendo bene o male il medesimo risultato della soluzione valutata in precedenza, ma in maniera limitata ai contenuti mostrati tramite WebView.

Allo stato attuale, non è chiaro quali saranno i default e il comportamento dell’API, ma con ogni probabilità verrà lasciata libera scelta nell’andare a bloccare o meno il traffico ai singoli siti Web.

Il tutto sarebbe in nome della sicurezza, almeno stando a quanto dichiarato dal colosso di Mountain View, ma è bene tenere presente che potrebbe trattarsi pure della fine per alcune app che promettono di migliorare l’esperienza d’uso con servizi dell’azienda, come ad esempio YouTube.

Fonte: Ars Technica
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Pubblicato il
9 nov 2023
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