Si è finalmente conclusa la fase principale del “processo tecnologico del secolo”, la contesa che ha visto contrapposte Oracle e Google sulla presunte infrazioni di quest’ultima in merito al copyright e ai brevetti Java. Tra le molte domande ancora senza risposta resta una certezza, grazie al pronunciamento della giuria: Google quei brevetti non li ha violati.
Il pronunciamento della giuria arriva dopo la precedente decisione che ha dato ragione a Oracle in merito al copyright, decisione secondo la quale Google ha effettivamente “copiato” nove righe del codice delle API Java usate nella virtual machine Dalvik su Android.
I giurati sono stati però convinti dall’avvocato della difesa Robert Van Nest, che nella sua arringa finale è sceso nei dettagli del codice Java e ha ripresentato uno spezzone della testimonianza di Andy Rubin: il responsabile del progetto Android voleva che i suoi ingegneri scrivessero codice, non che passassero il tempo a leggere legalese e a districarsi tra le miriadi di brevetti sul codice di proprietà di Microsoft, RIM, Motorola e chissà quanti altri.
La giuria ha dunque stabilito che i due brevetti Java ancora in corsa nel caso ( RE38,104 e 6,061,520 ) non sono stati infranti dai suddetti ingegneri di Google, anche se la precedente decisione ha individuato 9 righe di codice copiate – “inconsciamente” o meno – da Mountain View.
Naturalmente contrapposte le reazioni alla sentenza da parte delle due aziende statunitensi: Oracle difende la consistenza delle sue “prove schiaccianti” sulle responsabilità di Google, mentre Mountain View parla di un verdetto che sancisce una vittoria “non solo per Google ma per l’intero ecosistema di Android”.
Con la dismissione dell’accusa di infrazione di brevetto, a Oracle viene ora inibito l’accesso alla terza fase del processo: vale a dire il calcolo dei presunti danni monetari generati dalla violazione di Google. Resta da chiarire la sussistenza del “fair use” nel caso delle già citate 8 righe di codice Android identiche a quelle del codice Java. Anche in questo caso, a ogni modo, gli eventuali danni economici saranno ben poca cosa rispetto ai fantastilioni di dollari inizialmente richiesti da Oracle.
Alfonso Maruccia