Il mercato del personal computer è in crisi, a tutto vantaggio di smartphone e (soprattutto) tablet. Lo dicono numeri e analisi di mercato ( Canalys e Gartner , tanto per fare un paio di esempi), lo dicono le trimestrali dei produttori (si potrebbe partire dagli ultimi risultati di Intel , ma il trend dura da oramai diversi trimestri) oppure, molto più semplicemente, potete accorgervene osservando quali sono le notizie più frequenti che trovate sui siti di informatica da qualche anno a questa parte.
Le motivazioni di questa tendenza possono essere molte e io stesso accennai in tempi meno sospetti ad un possibile scenario di questo tipo, ma non è questo ciò di cui voglio parlarvi oggi. In una situazione di questo tipo, dove l’aspetto consumistico dell’informatica la sta (inevitabilmente) facendo da padrone, Steve Jobs aveva addirittura considerato la possibilità di eliminare completamente dal listino tutta la “linea Pro”, e forse è proprio per questo motivo molti aggiornamenti si sono fatti attendere.
Quando però nel giugno del 2012 Tim Cook confermò il progetto di un nuovo Mac Pro, nessuno immaginava quello che sarebbe stato presentato (una volta tanto con un ottimo livello di segretezza) un anno più tardi : in un panorama dove il mercato dei computer è stantio, investire nella completa riprogettazione di un desktop, con tanto di produzione “made in USA”, in un’apposita fabbrica creata ad-hoc in Texas, è una scelta decisamente controcorrente.
Una nuova idea di workstation
Per cercare di centrare il bersaglio, e dare una smossa ad un mercato da troppo tempo paralizzato, Apple doveva inventarsi qualcosa che fosse veramente diverso da quanto visto finora, e il nuovo Mac Pro (aldilà di battute scontate e fuori luogo sulla forma) porta con se una concezione di desktop davvero inusuale, una concezione che per certi versi spinge nella fascia “Pro” il lavoro già fatto per il Mac mini, una filosofia di computer che non lascia indecisioni: o si ama o si odia, ma in ogni caso fa parlare di sé.
Per chi ancora non conoscesse l’oggetto di cui stiamo parlando, il nuovo Mac Pro è un cilindro di alluminio estruso al cui interno trovano posto le tre schede che ospitano processore, RAM, doppia GPU e sistema di archiviazione flash PCIe; il tutto è assemblato intorno ad un unico dissipatore a sezione triangolare, montato verticalmente nello chassis cilindrico. Apple ha preparato un interessante video che spiega tutti i passi della costruzione del nuovo Mac Pro, ma andando sul concreto credo che molti saranno maggiormente interessati a specifiche e prezzi.
Si parte da 3.049 euro per un quad-core Intel Xeon E5 (con 10MB di cache L3 e Turbo Boost fino a 3,9GHz), con 12GB di RAM ECC DDR3 a 1866MHz, doppia GPU AMD FirePro D300 (ciascuna con 2GB di VRAM GDDR5) e 256GB di disco flash PCI Express. Chi cerca di più può spingersi fino ai 9.649 euro che garantiscono i 12 core Intel Xeon E5 (con 30MB di cache L3 condivisa su un unico chip), 64GB di RAM, 1TB di disco flash, e due GPU AMD FirePro D700, ognuna con 6GB di VRAM GDDR5. Memoria e disco flash sono dichiaratamente accessibili all’utente, e anche la CPU (per chi è avvezzo a smontare e rimontare hardware) è sostituibile .
Tutte le macchine hanno in comune la possibilità di controllare fino a tre monitor 4K o sei display via Thunderbolt , e proprio la connessione ultraveloce sviluppata in collaborazione con Intel è la chiave di svolta che contraddistingue questa macchina di Apple.
Il Mac Pro è una macchina compatta e silenziosa, che stravolge il concetto di desktop professionale di grande dimensioni e super-accessoriato per affidare il tutto alla connettività esterna. A bordo trovano posto ben sei porte Thunderbolt 2, ognuna con la possibilità di collegare fino a sei periferiche in serie (per un totale di 36 dispositivi), e in grado di offrire una larghezza di banda fino a 20 Gb/sec ad ognuna di queste periferiche. Scenderemo più avanti nei dettagli di questa scelta, ma in questo momento vale la pena di ricordare che Thunderbolt non è l’unica via di espansione presente sui Mac Pro: oltre alle sei porte ultraveloci, trovano spazio quattro porte USB 3, due gigabit ethernet, una porta HDMI 1.4, WiFi 802.11ac e Bluetooth 4.0. Riassumendo, Apple ha letteralmente concentrato la potenza della macchina in un dispositivo ad alta capacità di calcolo, delegando archiviazione ed eventuali altri compiti alla periferia (ricordiamo che attraverso Thunderbolt è possibile collegare anche uno chassis di espansione PCI).
Pro e contro
Ma perché Apple ha scelto proprio questa via? Ci sono dei vantaggi effettivi? Quali sono le controindicazioni di una simile architettura?
Alla prima domanda potremmo trovare molte risposte, una delle quali l’abbiamo già accennata sopra, tra le righe: in un mercato quasi paralizzato, se si vuole trovare una possibile alternativa che smuova le acque occorre fare una scelta coraggiosa, qualcosa che reinterpreti il modo di concepire quelle macchine che ormai comprano troppe poche persone. Il nuovo Mac Pro è la risposta di Apple a chi dice che il mercato dei computer è morto e siamo ormai giunti nell’era post-PC. Anche se la stessa Apple è portatrice (e in un certo senso ideatrice) di questo concetto, nato proprio con l’introduzione dell’iPad e la nascita della nuova generazione di tablet, in realtà la nuova concezione di desktop che nasce con il Mac Pro è talmente slegata dai canoni tradizionali da appartenere essa stessa, in un certo senso, all’era post-PC.
Ma entriamo un po’ più nel dettagli tecnici. La cosa che salta maggiormente all’occhio è, per l’appunto, la necessità di ricorrere a dispositivi di archiviazione esterna, una scelta diametralmente opposta anche rispetto al precedente Mac Pro che consentiva di arrivare a 8TB di archiviazione interna alloggiando quattro hard disk. Da tempo Apple sta abbandonando il concetto degli hard disk tradizionali per abbracciare quelli a stato solido: l’ha fatto in modo definitivo prima con il MacBook Air e poi con il MacBook Pro Retina, senza considerare le opzioni per tutte le altre macchine (incluse quelle con fusion drive). Con il Mac Pro, Apple abbraccia definitivamente questa scelta anche sui desktop professionali e lo fa con dischi flash PCIe, una differenza non da poco rispetto alla soluzione SATA visto che parliamo di prestazioni più che doppie (1,2GB/sec contro i 500MB/sec delle unità SATA).
Una soluzione di questo tipo è però troppo costosa da proporre su tagli elevati, e probabilmente non ha nemmeno senso per tutti i dati necessari al proprio lavoro: considerando che molta gente lavora già da tempo su dati condivisi (o comunque archiviati) su server, dischi di rete, o unità esterne di vario genere, Apple ha deciso di scegliere direttamente questa opzione come linea guida per la propria idea di macchina professionale. Certo, non è una soluzione che piace a tutti, anche perché implica dei costi aggiuntivi a quelli menzionati sopra, soprattutto se si decide di sfruttare la velocità offerta da Thunderbolt 2: un sistema RAID PROMISE Pegasus 2 R4 (quattro dischi da 2TB pe un totale di 8TB) viene proposto sull’ Apple Store a 1.449 Euro: il vantaggio è quello di una maggiore flessibilità rispetto all’espandibilità interna, sia in termini di mole di dati archiviati (8TB era il limite superiore per il vecchio Mac Pro, mentre ora è il punto di partenza) sia nella possibilità di interscambiare facilmente macchine e unità di archiviazione. Va inoltre ricordato che il Mac Pro è dotato anche di quattro porte USB 3, il che consente di adottare soluzioni anche meno costose.
Passando all’aspetto grafico, sicuramente colpisce il fatto che Apple fornisca sempre e comunque due GPU, visto che è proprio la costruzione dell’oggetto ad essere realizzata intorno a questa idea (due dei tre lati del triangolo sono costituiti dalle GPU). Quantificando con un numero questa caratteristica del Mac Pro, la configurazione top è in grado di generare fino a 7 teraflops di potenza di elaborazione. Al di là del confronto impietoso col modello precedente (confronto che lascia il tempo che trova visti i mancati aggiornamenti del vecchio Mac Pro), tutta questa potenza permette ai desktop di Apple di controllare fino a tre monitor in risoluzione 4K, di elaborare fino a 16 flussi 4K in tempo reale e di applicare effetti 4K in tempo reale senza perdere frame.
Questo è sicuramente un altro punto fermo di Apple, che si è sempre proposta prima degli altri nel supporto alle definizioni elevate (basti pensare agli schermi Retina degli iPhone o dei MacBook Pro) e non ha mai adottato sulle proprie macchine il Blu-ray, forse pensando già da subito che convenisse passare oltre (ma qui entra in gioco anche l’abbandono del supporto ottico a favore di altri formati, nonché del download dall’iTunes Store). In ogni caso la potenza delle GPU ha anche un secondo scopo, quello di sfruttare le specifiche OpenCL (di cui Apple è promotrice) per ottenere maggiore potenza di calcolo in ogni occasione, non solo quando si parla di grafica. Le prestazioni del Mac Pro sono ben pubblicizzate da Apple in un’apposita pagina dove si parla, per l’appunto, anche di OpenCL: ma questa possibilità richiede uno sforzo di ottimizzazione da parte degli sviluppatori, ottimizzazione che è sempre indispensabile per ottenere il meglio dall’hardware.
Curioso il fatto che Apple utilizzi Pixelmator , anziché il canonico Photoshop, come software di riferimento per i test prestazionali: non si sa se questa scelta sia dovuta a screzi con Adobe, alla volontà di dare risalto ad un’applicazione (comunque ottima e pluripremiata) esclusiva per Mac (e in vendita sul Mac Ap Store) o se, più semplicmente, Pixelmator 3 è già stato ottimizzato in modo tale da offrire il meglio di se con le nuove macchine.
Per concludere la sezione grafica, va comunque ricordato che se davvero intendete utilizzare tre display 4K, dovete prepararvi a spendere molto più di quanto non vi chiede Apple per il suo Mac Pro: l’Ultra HD Sharp PN-K321 da 32 pollici venduto sull’Apple Store costa poco meno di 4.000 euro, anche se in realtà sono in arrivo modelli molto più economici da ASUS, Philips, e altri ancora.
Ultimo, ma non meno importante, il cuore della potenza di calcolo: il processore e la RAM. Il processore, come visto sopra, è un Intel Xeon E5, disponibile in configurazioni che vanno da quattro a dodici core (con cache L3 fino a 30MB e istruzioni in virgola mobile a 256bit). Parlando del modello top, diventa molto difficile stabilire se sia meglio avere un singolo processore a dodici core piuttosto che due processori da sei core: dal punto di vista dell’ottimizzazione del software forse sarebbe più semplice la seconda soluzione, ma avere tutti i core insieme consente probabilmente di ottenere prestazioni migliori (sempre a patto di un’ottimizzazione mirata), oltre che un’architettura più uniforme tra i vari modelli, e una macchina dai consumi più contenuti (e quindi più silenziosa). A supporto del processore troviamo un controller DDR3 a quattro canali in grado di supportare 64GB di RAM con una larghezza di banda fino a 60GB/sec. Non c’è molto altro da aggiungere sotto questo aspetto, ma da quando descritto finora possiamo concludere che Apple non ha lasciato nulla al caso: ogni singolo componente del Mac Pro è pensato per evitare qualsiasi possibile collo di bottiglia, e il tutto è incluso in un cilindro di soli 25 centimetri di altezza e 17 centimetri di diametro, per circa 5 kg di peso.
Tra parentesi, il fatto che possa essere utilizzato anche in orizzontale ha già scatenato la fantasia di chi ne prevede l’utilizzo in rack nei datacenter, presumibilmente in ambiti di post-produzione o similari visto che non è una macchina con quelle caratteristiche di ridondanza indispensabili per compiti più delicati. Prova sul campo e conclusioni
Alla fine di tutto questo elenco di caratteristiche, e considerazioni sulle motivazioni che possono aver spinto Apple ad affrontare un simile progetto, come si comporta la macchina sul campo? Premesso che per gli utenti la macchina è già in vendita ma i primi modelli verranno spediti solo a febbraio, vari siti specializzati (come Engadget , The Verge , MacWorld o All Things D ) hanno già ricevuto modelli in prova ed hanno potuto realizzare i primi test.
Il parere è pressoché unanime ed è estremamente favorevole all’ultima creazione della mela. C’è chi ne elogia la silenziosità, i bassi consumi, e la compattezza (caratteristiche che consentono al Mac Pro di raggiungere ottimi risultati anche dal punto di vista ecologico ), chi si stupisce di come vengano elaborati in modo naturale i video 4K (come se fossero dei “normali” video 1080p), e chi verifica la superiorità di calcolo eseguendo numerosi benchmark .
Quel che emerge da questi primi test, è che la macchina è sicuramente ottima e superiore a tutti gli altri Mac usciti finora: ma, aldilà degli sterili numeri dei benchmark, per ottenere nelle reali condizioni di lavoro quei risultati che vanno davvero al di là delle aspettative è indispensabile che il software sia ottimizzato per sfruttare l’architettura multi-core e la doppia GPU. Apple mette a disposizione degli sviluppatori tutti gli strumenti necessari allo scopo, come il supporto alla già citata tecnologia OpenCL per sfruttare al meglio e GPU, e Grand Central Dispatch per ottimizzare l’esecuzione di processi paralleli su architetture multi-core: si parla di queste tecnologie già da qualche anno (furono introdotte da Apple nel 2009, con Snow Leopard ) ma se inizialmente sembrava prematuro buttarsi da subito in questo tipo di ottimizzazione, le architetture attuali lo rendono pressoché indispensabile, non solo su Mac ma anche su qualsiasi altro sistema.
Come di consueto ci sarà chi avrà da ridire sul prezzo: c’è chi ha già fatto i dovuti confronti scoprendo che, per realizzare configurazioni di dotazione equivalente, i prezzi della concorrenza sono anche più elevati (perlomeno sul modello base). Personalmente mi limito ad osservare che, se è vero che non si tratta di una macchina per tutti (non per niente esistono anche il Mac Mini e l’iMac), un professionista che davvero dovesse trarre vantaggio dalle prestazioni del nuovo Mac Pro sicuramente non si farà spaventare dal prezzo, anche perché tra software, monitor 4K, unità di archiviazione/backup e altre attrezzature, il costo di un eventuale Mac Pro incide solo in minima parte.
Quello che invece dovremmo chiederci è se davvero l’ultima trovata di Cupertino riuscirà a risollevare le vendite del mercato desktop di Apple (che realizza il suo fatturato in modo sempre più marcato sui dispositivi iOS o sui computer portatili) e se questo nuovo modo di intendere il computer da tavolo farà proseliti anche nella concorrenza: visto che tutto il settore è fermo, un reazione decisa del pubblico potrebbe riuscire a smuovere le acque (nonché le idee) dei produttori. Ma per questo bisognerà attendere ancora un paio di mesi.
Domenico Galimberti
blog puce72
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