Non ci stancheremo di dirlo finché non si stancheranno di riprovarci: le leggi contro l’anonimato online non solo sono inutili, ma sono dannose. I motivi possono essere ricercati nelle migliaia di approfondimenti scritti qui su Punto Informatico e su mille altre testate che nell’ultimo decennio hanno più volte dovuto affrontare il tema. Perché il mantra è sempre lo stesso, ciclico, ripetuto, uguale a sé stesso ad ogni iterazione:
- succede un fatto
- una fazione politica a turno decide che occorre colpire la rete, che la rete è un “far west”, che bisogna agire, che è urgente
- si propone una legge contro l’anonimato online
- si abbandona l’idea, perché l’idea stessa è schiacciata dalle evidenze della sua dannosità
- si dimentica il tema, in attesa del prossimo fatto, per ricominciare il ciclo
Il turno di Marattin
Non è servito altro a Marattin per potersi iscrivere nel club di quanti, in questi anni, hanno già portato avanti ipotesi medesime: chi ricorda la proposta del 2009 di Gabriella Carlucci, che per difendere il copyright voleva l’abolizione dell’anonimato in Rete? Poi venne il turno di Angelino Alfano dopo i fatti del Charlie Hebdo, il tutto facendo finta di non vedere come Russia e Cina portavano nel frattempo avanti proposte del tutto simili.
Da oggi al lavoro per una legge che obblighi chiunque apra un profilo social a farlo con un valido documento d’identità. Poi prendi il nickname che vuoi (perché è giusto preservare quella scelta) ma il profilo lo apri solo così.
— Luigi Marattin (@marattin) October 29, 2019
Tutti contro l’anonimato insomma, sebbene non sia chiaro il motivo, né il modo: a questo punto, anzi, sorge una spontanea curiosità nell’attesa di vedere la bozza del testo. Risposte semplici a problemi complessi, ancora, di nuovo, again: la guerra all’anonimato è una lotta bipartizan, alla quale ogni partito ha già ascritto qualche proprio componente. Fabio Chiusi solo poche ore prima della proposta Marattin, in quella che è stata una facile profezia:
[…] è routine, ormai: di norma non passa più di qualche settimana senza che si presenti un caso di cronaca a base di insulti (razzisti, omofobi, sessisti e via dicendo) e, in tutta risposta, un qualche proposito di regolamentare l’hate speech in rete. Sempre la settimana scorsa, per esempio, abbiamo visto Monica Cirinnà lanciare gli usuali strali contro l’anonimato online, solito bersaglio delle risposte “di pancia” che non risolvono nulla. […] È possibile provare a fare un passo avanti, un passo concreto, e intervenire in modo insieme concreto e rispettoso dei diritti degli utenti? È possibile contrastare l’odio (online e non) senza rinunciare alla libertà di espressione e agli altri diritti fondamentali?
Si potrà discutere con serenità dei problemi della rete soltanto quando si potrà portare avanti questa discussione senza mettere sul piatto le urgenze, le risposte “di pancia” ed i richiami elettorali. Soltanto quando si potrà discutere del tema senza dover ripartire da capo, ogni volta, tornando ogni volta a demonizzare i medesimi principi che dovremmo invece difendere per partito preso.
Obbligare all’identificazione dei profili, peraltro, significa semplicemente offrire ulteriori dati personali ai social network, consegnando una volta di più le chiavi dell’ordine sociale ad aziende private ed estere. Onorevoli, voi che siete pronti a firmare proposte di legge contro l’anonimato in rete, siete anche pronti ad affrontare tutti gli effetti collaterali che queste proposte portano inevitabilmente con sé?
Il web è una fogna
Come si arrabbiano eh, quando annunci di voler far qualcosa per impedire che il web rimanga la fogna che è diventato (una fogna che sta distorcendo le democrazie, invece che allargarle e rafforzarle). Si mettano l’animo in pace. Il limite è stato superato, ed è ora di agire.
— Luigi Marattin (@marattin) October 29, 2019
“È ora di agire“, scrive Marattin etichettando il Web come una “fogna”. Attendiamo la bozza, pronti a scrivere l’ennesimo capitolo di questa eterna lotta contro i fantasmi – che a questo capitolo si veste anche di spocchia, stimolando a sorpresa una pletora di risposte di acuta intelligenza contro una proposta che, ne siamo certi, troverà eco e accondiscendenza soltanto presso un qualche talk show privo di contraddittorio.