Le risposte del Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione sono state molte, ma non sono state sufficientemente esaustive: è questa la replica dell’ANORC – Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Custodia di contenuti digitali – al ministero a seguito delle pubblicazioni delle ultime ore (avvenute a seguito dell’inchiesta televisiva della trasmissione Report). Nella fattispecie, a firma del Presidente di ANORC Professioni, Andrea Lisi, il progetto Immuni è descritto come “totalmente inutile e potenzialmente pericoloso, per questo sarebbe un bene se venisse interrotto”.
ANORC: così non va, fermate Immuni
Le spiegazioni fornite, insomma, non hanno convinto:
Ringraziamo per l’attenzione ricevuta e sottolineiamo che siamo contenti per aver contribuito ad un’importante fase di trasparenza. Alcune risposte sono arrivate ma non tutto è chiaro ed esaustivo. Ci sono ancora troppi dubbi sui criteri di scelta di questa App, sulla sicurezza informatica dell’applicazione, sulla licenza di rilascio, sui contratti stipulati tra governo e società private perché è incredibile che ci venga risposto che il ministero che l’ha selezionata non sia nella disponibilità degli stessi. Ma soprattutto si hanno oggi pesantissimi dubbi sulla sua efficacia nella lotta alla prevenzione, considerato che ormai si esprimono perplessità da più fonti internazionali. Siamo davvero partiti male, inceppandoci su questioni rilevanti che andavano subito affrontate in modo netto e ora, a furia di compromessi, forse la protezione dei dati è più garantita, la trasparenza in parte espressa, ma l’utilità della App si è esaurita sul nascere.
Mentre appare lecita l’opinione ANORC relativa alle procedure di selezione e sviluppo, appare invece meno lineare l’affondo finale sull’inopportunità dell’app:
Credo che alla luce delle varie analisi fatte, giuridiche e tecniche, il progetto relativo a questa App sarebbe un bene se venisse interrotto perché molto probabilmente ormai totalmente inutile e potenzialmente pericoloso per l’alto numero di falsi positivi che potrebbe rilevate e per la bassissima affidabilità dei dati rilevati.
Tali indicazioni sono infatti afferenti alla strategia di contenimento posta in essere, la quale – va ricordato – deve basarsi anche sulla capacità di esecuzione dei tamponi e sulla velocità di indagine in caso di positività: il numero dei potenziali falsi positivi, nonché la capacità di gestirli da parte delle autorità sanitarie, è qualcosa che non attiene specificatamente alle considerazioni di opportunità sui metodi di selezione e per questo motivo il progetto meriterebbe un’apertura di credito, anche e soprattutto in virtù del fatto che ormai la piattaforma Apple/Google è prossima alla pubblicazione e l’app è in dirittura d’arrivo (entro fine mese). In ogni caso la scelta strategica ha nomi e cognomi che, a conti fatti, trasformeranno le responsabilità odierne in meriti o colpe.
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Il Commissario Arcuri in tal senso è stato chiaro: l’app, se distribuita in modo sufficientemente capillare, può dare una grossa mano durante la “fase 2B”. Se son rose fioriranno, anche a costo di qualche spina; se il progetto era fallace fin dal principio, invece, allora occorrerà capire come e se la tecnologia possa essere utile in tempo di pandemia. Sarà, nella peggiore delle ipotesi, un valido test anche per il futuro.