Solo con la collaborazione degli spesso inconsapevoli anelli della catena del valore del business pirata è possibile fare terra bruciata intorno ai siti che lucrano sulle violazioni del diritto d’autore: è questo l’assunto da cui muove un numero sempre più consistente di iniziative antipirateria che coinvolgono in regolamenti e codici di condotta gli intermediari del settore privato, dagli operatori dell’advertising a quelli dei pagamenti.
Anche in Danimarca, dopo anni di ordinario contrasto alla pirateria e dopo l’ accordo in materia di inibizioni degli accessi sollecitato presso gli ISP e approvato nel settembre scorso, il Ministero della Cultura ha annunciato una iniziativa mirata a tagliare i fondi ai siti che operano illecitamente: ne fanno parte detentori dei diritti su musica e cinema, Google e Microsoft, fornitori di servizi di connettività e operatori dell’advertising e dei pagamenti, e tutti si impegnano ad intavolare un dialogo dal quale emergano strategie concrete per soffocare le attività illecite che abusano del copyright.
Gli attori che operano nel contesto dell’advertising e dei pagamenti, entro la fine del 2015 e dopo adeguati studi esplorativi, programmano di elaborare un accordo che sappia isolare i siti pirata, a cui verranno negate le fonti di finanziamento, rendendo vano il loro business. I fornitori di servizi di hosting e i registrar, allo stesso modo, si sono dichiarati intenzionati a proporre delle soluzioni tecniche per negare la propria collaborazione al business della violazioni del copyright.
I motori di ricerca, poi, contribuiranno a instradare gli utenti danesi sulla retta via : sempre entro la fine del 2015 si ripropongono di formulare delle idee concrete per promuovere l’offerta legale e negare visibilità agli snodi pirata.
Prima della Danimarca ha agito la Francia, con un accordo firmato di recente per bilanciare l’afflato repressivo esercitato da HADOPI sugli utenti, anticipata lo scorso anno dal memorandum of understanding siglato in Italia tra i detentori dei diritti e gli operatori dell’advertising: guidate da studi centrati sull’analisi dei modelli di business dei siti pirata, spesso espliciti nel sottolineare la complicità degli intermediari, queste iniziative sono state raccomandate anche dall’Unione Europea, per arrivare là dove la legge non si sa spingere.
Gaia Bottà