Google abusa della propria posizione in Russia, approfittando della popolarità di Android per veicolare applicazioni e servizi ai danni della concorrenza: le autorità russe, dopo la decisione emessa nel mese di settembre, hanno imposto a Mountain View di adeguarsi, così da ristabilire le basi per lo sviluppo di un mercato dinamico e senza barriere d’ingresso.
Il termine fissato dall’antitrust russo è il 18 novembre: entro quella data Google “dovrà emendare i propri accordi con i produttori di dispositivi mobile per escludere le clausole che limitino l’installazione di applicazioni e servizi di altri sviluppatori”. A latere, c’è il procedimento amministrativo, hanno poi ricordato le autorità: Google rischia un’ammenda che oscilla tra l’1 e il 15 per cento del fatturato del 2014 calcolato tenendo conto del mercato delle app preinstallate.
Google non ha ancora commentato la decisione, e per ora non è dato sapere se si adeguerà, aggiornando il Mobile Application Distribution Agreement (MADA) che guarnisce Android con il pacchetto Google Mobile Services (GMS), con l’obbligo di collocazione delle icone in posizioni privilegiate sullo schermo e l’adozione del proprio motore di ricerca come strumento impostato di default.
Yandex, che aveva sollecitato le indagini , ha invece comunicato la propria soddisfazione per la decisione dell’antitrust russo e auspica che contribuisca a ripristinare la concorrenza, con “app preinstallate sui dispositivi mobile sulla base della loro qualità e della loro popolarità, invece che sulla base di restrizioni imposti dallo sviluppatore del sistema operativo”. Yandex, la cui posizione dominante sul mercato del search è insidiata dalla popolarità di Android (secondo le stime , vale 65 per cento del mercato mobile russo) e dei suoi vincoli che fanno leva sull’abitudine alla navigazione in mobilità degli utenti, spera di poter tornare a competere per conquistarsi la possibilità di investire sul mercato dei bundle, una situazione che indubbiamente rallegrerebbe anche i produttori di dispositivi , evidentemente interessati a far fruttare le ambizioni di visibilità degli sviluppatori dei servizi e delle applicazioni.
Per istanze analoghe, la Commissione Europea sta indagando da mesi e le autorità statunitensi starebbero muovendo nella stessa direzione. Negli scorsi anni, invece, la Corea aveva scelto di assolvere Google.
Gaia Bottà