L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato chiede un aiuto tanto ai motori di ricerca quanto ai browser, cercando così di costruire un argine più sostanziale per il “contrasto delle pratiche commerciali scorrette che fanno leva sull’emergenza sanitaria in atto“. L’appello è rivolto specificatamente a nomi quali “Google, Apple, Italiaonline, Microsoft , Verizon (Yahoo), Mozilla, DuckDuckGo“, cercando in questa alleanza un elemento rafforzativo al fine di rendere più efficace il lavoro ostruzionistico posto nei confronti di una molteplicità di abusi registrati online.
AGCM: browser e motori di ricerca ci aiutino
Spiega il Garante:
Tale iniziativa fa seguito al monitoraggio della rete internet condotto dal Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza che ha individuato 361 URL corrispondenti a pagine web, banners o collegamenti ipertestuali introdotti malevolmente in siti riconducibili ad attività lecite, spesso di carattere medico o paramedico. Tali siti indirizzano verso una sessantina di “farmacie abusive” – sprovviste della necessaria autorizzazione alla vendita di farmaci on line – che promuovono e vendono medicinali con obbligo di ricetta, vantando una funzione curativa nei confronti del Coronavirus.
L’Autorità ha dunque deliberato di trasmettere la lista dei 361 URL ai gestori dei principali motori di ricerca e browser (Google, Apple, Italiaonline, Microsoft , Verizon (Yahoo), Mozilla, DuckDuckGo), invitandoli i) a rimuovere dai risultati di ricerca le URL segnalate e ii) a non indicizzare le URL contenenti collegamenti ai siti individuati come “farmacie abusive”.
Per l’AGCM si tratta di un “bis”, perché in precedenza il caso “Kaletra” aveva già dato fiato ad un invito similare. Non tutti i gruppi avevano però risposto all’Authority, da cui giunge quindi ora una sorta di richiamo:
Nell’invito, […] l’Autorità ha ricordato ai gestori che non hanno finora dato riscontro, che il prestatore dei servizi della società dell’informazione […] è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui non abbia agito prontamente per rimuovere l’accesso a detto contenuto, quando ciò è richiesto da un’autorità amministrativa avente funzioni di vigilanza.
Quel che non è perfettamente chiaro è ciò che si chiede ai browser: se ad un motore di ricerca si può chiedere una qualche deindicizzazione (cosa comunque poco utile ai fini del raggiungimento del sito tramite link), difficilmente si può chiedere ai browser di filtrare il codice (e tra le richieste non risulta infatti nulla relativo ad una attività in capo ai browser).