L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha annunciato l’avvio di una importante istruttoria nei confronti di Google finalizzata alla verifica delle pratiche con cui il gruppo avrebbe ostacolato la concorrenzialità nel mercato dell’advertising. Spiega l’Authority:
La società, controllata da Alphabet Inc, avrebbe violato l’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea per quanto riguarda la disponibilità e l’utilizzo dei dati per l’elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising, lo spazio che editori e proprietari di siti web mettono a disposizione per l’esposizione di contenuti pubblicitari.
Antitrust vs Google: l’istruttoria
Il sospetto dell’Antitrust italiana è che Google abbia fatto leva sulla propria posizione dominante sulla “filiera digitale” utilizzando in modo discriminatorio i dati raccolti ed impedendo ad altri operatori di poter avere un contesto equilibrato entro cui operare. L’AGCM introduce l’iniziativa scendendo anche in un dettaglio più tecnico, per circoscrivere in modo più preciso l’ambito entro cui intende affondare la propria verifica:
Google sembrerebbe aver posto in essere una condotta di discriminazione interna-esterna, rifiutandosi di fornire le chiavi di decriptazione dell’ID Google ed escludendo i pixel di tracciamento di terze parti. Allo stesso tempo avrebbe utilizzato elementi traccianti che consentono di rendere i propri servizi di intermediazione pubblicitaria in grado di raggiungere una capacità di targhettizzazione che alcuni concorrenti altrettanto efficienti non sono in grado di replicare.
L’importanza di questa analisi è dettata dal fatto che all’interno di questo meccanismo risiede il cuore della display advertising, ambito che è andato progressivamente impoverendosi e che chiunque operi sul Web deve ormai considerare come fortemente depauperato rispetto al passato. Il sospetto dell’Antitrust è che a monte possano sussistere dinamiche tali da ridurre le possibilità per gli operatori concorrenti a Google e, di conseguenza, che a valle possano ridursi fortemente le possibilità creative e di sviluppo: “L’assenza di concorrenza nell’intermediazione del digital advertising, infatti, potrebbe ridurre le risorse destinate ai produttori di siti web e agli editori, impoverendo così la qualità dei contenuti diretti ai clienti finali. Inoltre, l’assenza di una effettiva competizione basata sui meriti potrebbe scoraggiare l’innovazione tecnologica per lo sviluppo di tecnologie e tecniche pubblicitarie meno invasive per i consumatori“.
La segnalazione che ha dato il via all’approfondimento giunge direttamente dalla IAB (“Interactive Advertising Bureau Italia “), associazione di categoria che mette assieme il mondo della digital advertising nel nostro paese. Tutti i dettagli sull’istruttoria sono qui.
Il punto di vista di Google
Così Google, tramite un suo portavoce, garantisce massima collaborazione con l’Authority per chiarire la questione:
La pubblicità digitale aiuta le aziende a trovare clienti e supporta i siti web e i produttori di contenuti che le persone conoscono e apprezzano. I cambiamenti oggetto dell’indagine sono in parte misure per proteggere la privacy delle persone e rispondere ai requisiti del GDPR. Continueremo a lavorare in modo costruttivo con le autorità italiane su questi aspetti importanti, in modo che tutti possano ottenere il massimo dall’uso di Internet.
La palla passa ora all’AGCM, in attesa delle risultanze relative agli indizi additati dallo IAB.