“Non possiamo più restare fermi a guardare gli altri mentre si appropriano del nostro lavoro facendo leva su discutibili interpretazioni legali – ha minacciato il dirigente di Associated Press Dean Singleton – siamo inviperiti, non lo tollereremo più”: AP non intende approfittare della visibilità offerta dai rilanci dei cittadini della rete, non intende permettere che i propri contenuti circolino indiscriminatamente a favore di coloro che usano come cavalli di Troia pubblicitari. I contenuti verranno tracciati e ingabbiati, passeranno dalla negoziazione di licenze. In caso contrario, le denunce saranno dietro l’angolo.
I vertici di AP ne hanno discusso al meeting annuale: combatteranno l’appropriazione illecita dei contenuti online, lo faranno con ogni mezzo. In primo luogo si farà prevenzione: AP ha promesso di monitorare le proprie news in modo di scoraggiare coloro che attingono e ripubblicano. L’agenzia di stampa, che già si serve dei servizi di tracking di Attributor, svilupperà “un sistema per tracciare i contenuti distribuiti online per determinare se siano usati legalmente”. Blogger e aggregatori, titoli e testi: a vigilare ci sarà un “sistema di gestione dei diritti” che opererà sui testi per individuare online doppioni e copie non autorizzate.
AP non permetterà che i contenuti vengano riusati senza controllo. Non lo permetterà nemmeno ai motori di ricerca . Un secondo tassello della strategia del colosso dell’informazione sarà la concretizzazione delle istanze espresse nei giorni scorsi dagli attori dell’editoria: fra le pagine dei risultati dovranno spiccare le fonti originali, le notizie più aggiornate, i contributi più autorevoli. Adeguatamente corredati da link alla collocazione decisa dagli autori, in modo che nessuno possa mettere a frutto il flusso di informazione per veicolare pubblicità.
Il riferimento non è esplicito, ma sono in molti a ritenere che la veemenza con cui AP si è espressa si abbatterà contro gli aggregatori di notizie come Google News. Mountain View, oltre ad offrire sempre più numerosi servizi per tracciare l’informazione e per aiutare il lettore a fruirne in maniera critica, dispensa pubblicità accanto ai risultati delle ricerche. Potrebbero non essere sufficienti i link alle fonti originali e la visibilità per saziare AP, di cui Google già ospita i contenuti.
Gli editori e le agenzie di stampa si sono già scagliati contro coloro che assemblano link, rei a loro parere di violare il copyright apposto sui contenuti dalle fonti originali. “Google incoraggia la promiscuità” ha denunciato altresì Robert Thomson dalla redazione del Wall Street Journal : ripercorrendo i passi di Murdoch, che nei giorni scorsi annunciava di voler cambiare l’atteggiamento di una rete adagiata sulla gratuità, Thomson ha definito “certi siti web” come “parassiti, tenie nelle viscere di Internet”.
Associated Press non si spinge a tanto, ma promette di perseguire coloro che non scendano a patti. Se l’agenzia di stampa medita di sviluppare sistemi più immediati per il licensing dei contenuti e strategie per la disseminazione dei propri servizi, assicura altresì che non permetterà che i cittadini della rete agiscano indisturbati. AP si è in passato scagliata contro aggregatori e contro cittadini della rete che avrebbero abusato di stralci e di frammenti degli originali: “non si tratta di definire i contorni del fair use – ha spiegato una dirigente dell’agenzia di stampa – ci sono grandi nodi economici che stiamo tentando di sciogliere”.
Gaia Bottà