L’annoso caso del copyright sulle API Java usate in Android sembrava concluso nel 2016 , con la decisione della giuria di dar ragione alla difesa (Google) e respingere le esose richieste di risarcimento di Oracle. Ma ora i giudici federali hanno rianimato una delle cause legali più discusse dell’hi-tech, dando questa volta torno a Mountain View e spianando la strada al pagamento di una multa miliardaria a vantaggio di Oracle.
La sentenza di due anni fa aveva stabilito che l’uso delle 37 API incriminate – usate per la virtual machine di Android – rientrava di diritto nelle regole del “fair use”, e Google aveva quindi agito nel pieno rispetto della legge con la reimplementazione del codice per uno dei componenti essenziali del suo sistema operativo mobile.
Ma a sorpresa arriva ora una decisione di ordine contrario a opera della Corte di Appello del Circuito Federale in quel di Washington D.C., una sentenza che ha messo in dubbio la natura “non commerciale” di Android parlando di un utilizzo illegittimo di API protette dal copyright di Sun (poi acquisito da Oracle).
Il fatto che gli utenti non paghino per usare Android, hanno stabilito i giudici , non significa che Android – e quindi le sue API – non rappresenti un uso commerciale del codice. Google è quindi colpevole di violazione del copyright, e spetterà ora a una corte di livello inferiore stabilire l’esatta entità del danno economico subito da Oracle.
Il colosso dei database ha ovviamente accolto con favore la decisione dei giudici di Washington, e ora si prepara a far valere le sue richieste mirando a incassare un assegno da almeno 9 miliardi di dollari. Google si dice altresì “deluso” dalla sentenza, e paventa un incremento dei prezzi di app e servizi on-line per gli utenti finali.
Per quanto riguarda il possibile effetto della nuova sentenza sull’interno mercato del software, le opinioni sono come al solito contrastanti: la corte non sembra aver messo in dubbio la validità del principio del fair use (“invalido” nel caso in oggetto perché Android è un prodotto commerciale), ma Electronic Frontier Foundation (EFF) ha commentato la condanna di Google come una decisione che “dovrebbe terrorizzare gli sviluppatori di software”.
Alfonso Maruccia