Gettando una luce obliqua su un argomento dibattuto da tempo, la società specializzata in “servizi open source” OpenLogic ha comunicato il risultato della sua indagine conoscitiva sul rapporto tra codice sorgente aperto, licenze open source e “app store” per dispositivi mobile. Due applicazioni su tre, dice OpenLogic, non rispettano la licenza open come invece dovrebbero .
La “non conformità” del mondo mobile alle regole dell’open source fa riferimento a 635 applicazioni – gratuite o a pagamento – degli app store per sistemi operativi iOS (iPad, iPhone, iPod) e Google Android, e il 71% delle app basate su codice open source infrange in qualche modo una licenza FOSS – sia essa Apache o GPL.
OpenLogic ha usato il suo tool di analisi e scansione OSS Deep Discovery per verificare la presenza di codice open source all’interno delle app , la dovuta citazione agli obblighi di licenza conseguente e la disponibilità del codice dell’applicazione per il download e il riutilizzo da parte della community FOSS. L’approccio seguito nell’indagine è di quelli “molto conservativi”, dice OpenLogic, così da ridurre al minimo la possibilità di analisi scorrette.
Sulle 635 applicazioni inizialmente analizzate, 66 sono risultate basate su codice open distribuito sotto licenza Apache o GPL. Per quanto riguarda le diverse “performance” di iTunes Store e Android Market in merito alla non conformità delle suddette licenze, OpenLogic ha scoperto che su Android le violazioni di licenza ammontano al 73% mentre su iOS si fermano al 68%.
Il vice-presidente senior di OpenLogic Kim Weins dice di non essere affatto sorpreso dalle violazioni scovate sugli app store mobile, una “pratica” salita alla ribalta grazie a casi clamorosi come quello del media player VLC eliminato dal marketplace dei gadget marchiati Apple o evidenziati come conseguenza di una vera e propria incompatibilità tra il meccanismo di distribuzione blindato tipico degli app store e la naturale tendenza alla proliferazione del codice autenticamente open.
Alfonso Maruccia