Internet – Sono ormai 10 anni, da quando cioè l’evoluzione combinata delle tecniche di compressione delle reti numeriche e del personal computer ha consentito a tutti i cittadini del mondo la possibilità di accedere, in modo semplice, ad un enorme patrimonio culturale e di fruirne nel modo desiderato, che le associazioni degli autori, esecutori, produttori ed editori rivendicano ulteriori e più efficaci forme di tutela delle proprie opere.
Si tratta di rivendicazioni che – sotto un certo angolo di visuale – sono condivisibili e, anzi, sacrosante.
Chi crea, sviluppa, inventa o produce una opera intellettuale deve essere remunerato per il proprio sforzo creativo e per il beneficio che da tale sforzo deriva alla collettività e merita di essere protetto da eventuali utilizzi abusivi della propria opera da parte di terzi.
È innegabile, peraltro, che nell’era dei bit e dell’immateriale, nella quale ciascuno percepisce la disponibilità di qualsivoglia elemento del patrimonio culturale globale ad un colpo di click, vi sia il rischio che tale remunerazione svanisca.
Muovendo da tali presupposti, d’altra parte, negli ultimi anni ogni gruppo di pressione ha affilato le proprie armi ed attivato i propri canali: l’industria dei contenuti ha fatto inasprire le sanzioni per il loro utilizzo abusivo con il WIPO Copyright Treaty, il consorzio europeo DVB ha emesso le specifiche per la Pay TV, l’industria discografica ha lanciato il consorzio SDMI, i principali attori dell’industria informatica hanno sviluppato le loro soluzioni di DRM, in Italia si è sottoscritto il Patto di San Remo e la lista potrebbe continuare…
La chiave di lettura di tutto questo movimento browniano è semplice: le tecniche numeriche danno la possibilità di realizzare quella che si chiama “società dell’informazione” ma anche di sparigliare l’assetto di tutte le catene del valore dei contenuti.
Tutti vogliono quindi partecipare alla nuova corsa all’oro ma nessuno è pronto a fare compromessi su alcunché.
In tale contesto, leggo con viva preoccupazione le notizie provenienti dalla vicina Francia dove le Autorità, i titolari dei diritti e gli Internet Service Provider si sarebbero accordati per realizzare sistemi di controllo globale idonei a esaminare e scandagliare ogni singolo bit delle comunicazioni personali dei cittadini a caccia di una manciata di bit contenenti questa o quell’opera dell’ingegno.
La strada intrapresa conduce – temo senza ritorno – a scenari più bui ed inquietanti di quelli tratteggiati dalla fantasia di George Orwell nel suo romanzo “1984”!
L’accordo francese ed il fatto che esso sia stato, da più parti, annunciato come uno straordinario successo sono, a mio avviso, indici sintomatici del processo degenerativo della nostra società che, evidentemente, ha leggi che, come tutti i prodotti dell’uomo, sono figlie del loro tempo e che, in un momento di transizione tecnologica come l’attuale, hanno bisogno di essere aggiornate, riviste, corrette e se necessario riscritte senza sacrificare o immolare i diritti di nessuno ed anzi muovendo proprio da un’intesa ampia e condivisa che, tuttavia, coinvolga anche gli utenti ed i consumatori di cultura digitale.
È per questo che l’esempio francese non deve essere seguito.
L’Italia può e deve assumere – nell’ovvio rispetto degli accordi internazionali e del quadro normativo europeo – una posizione di leadership nel procedimento di revisione dell’attuale regolamentazione dell’accesso al patrimonio culturale digitale che occorre avviare senza attendere oltre.
Ho sempre creduto che le nuove tecnologie dovessero essere utilizzate per massimizzare la possibilità di accesso al patrimonio culturale globale e, spinto da questa convinzione, ho contribuito a realizzare tecnologie quali MP3, MPEG-2 ed MPEG-4 senza, tuttavia, mai pensare che ciò significasse chiedere agli autori, agli interpreti, agli esecutori, agli editori o all’industria discografica, cinematografica e televisiva di rinunciare ai loro diritti ed alla giusta remunerazione per lo sforzo creativo compiuto o finanziato.
Negli ultimi dieci anni ho, anzi, lavorato con impegno nel tentativo di individuare soluzioni idonee ad utilizzare tali tecnologie senza sacrificare i diritti di nessuno e l’ho fatto, senza preconcetti ideologici di sorta, presiedendo un consorzio come il SDMI lanciato dall’industria discografica e poi dando vita ad un gruppo interdisciplinare, aperto, senza scopo di lucro, Digital media in Italia, nell’ambito del quale è stata elaborata una proposta (vedi http://www.dmin.it/proposta/index.htm ) che ha per obiettivo l’ottimizzazione e massimizzazione della circolazione dei contenuti digitali nel rispetto dei diritti d’autore e, ad un tempo, dei diritti fondamentali di utenti e consumatori, ivi incluso quello troppo spesso ignorato di accedere ai contenuti digitali con un adeguato livello di interoperabilità.
Digital Media in Italia ha elaborato soluzioni normative, di governance e tecnologiche sulle quali oggi siamo pronti ad un confronto aperto e corretto con tutti i protagonisti del mercato della cultura digitale e con le Istituzioni nella convinzione che solo per questa via sia possibile pervenire a risultati rispettosi dei diritti di tutti, tenendo lontana la tentazione di pochi di ricorrere a scorciatoie liberticide e, comunque, destinate ad un sicuro insuccesso.
La dottrina Sarkozy è dunque, da bocciare, senza riserve e senza prova d’appello, in particolare, per quanto riguarda il medioevale principio di punire un intero nucleo familiare con la privazione dell’accesso ad Internet per un atto compiuto da un suo componente e l’eccessiva generalità delle misure di prevenzione che rischiano di portare ad un’inammissibile analisi e filtraggio dell’intero traffico, ben oltre la collaborazione dei fornitori di servizi nel trasmettere ai propri clienti eventuali segnalazioni di infrazioni.
Altre e diverse sono le strade da intraprendere che non richiedono operazioni di filtraggio dei contenuti digitali, investigazioni e schedature di massa e continui quanto inutili inasprimenti del quadro sanzionatorio.
Tutto ciò finisce inevitabilmente con l’allontanare sempre di più le nuove generazioni dalla proprietà intellettuale facendola apparire come il nemico da combattere anziché come una preziosa alleata per il progresso culturale, tecnologico ed economico del Paese.
Occorre far riscoprire, invece, il valore, la centralità e l’importanza della proprietà intellettuale nella società dell’informazione e, soprattutto, convincere le nuove generazioni che si può accedere alla cultura digitale percorrendo la strada della legalità in modo facile e senza veder calpestati i propri diritti di utenti e consumatori.
Gentile Vicepresidente del Consiglio, Lei ha avuto un’ottima intuizione, affidando ad una Commissione di esperti presso il Ministero dei Beni Culturali il compito di individuare soluzioni idonee ad adeguare il sistema della legge sul diritto d’autore alle sfide lanciate dalla società dell’informazione.
L’auspicio è, dunque, che il nostro Paese, senza perdere tempo nell’imitazione di esempi stranieri che guardano al passato e pregiudicano il futuro, possa finalmente raccogliere questa sfida.
Leonardo Chiariglione
Se vuoi sostenere l’appello di Leonardo Chiariglione scrivi a appello@dmin.it .
Ecco chi ha già firmato:
Giuseppe Corasaniti
Magistrato e docente Universitario già presidente del Comitato consultivo per il diritto d’autore
Fiorello Cortiana
Comitato Consultivo per la Governance di Internet
Giacomo Cosenza
Imprenditore nel settore ICT e sostenitore attivo dell’open source
Luca De Biase
Giornalista, Il Sole 24 Ore
Michele Ficara Manganelli
Presidente Assodigitale
Marco Fiorentino
Presidente, Associazione Italiana Internet Provider
Vincenzo Franceschelli
Ordinario di Diritto privato nell’Università di Milano-Bicocca
Marco Gambaro
Professore di Economia della Comunicazione, Università di Milano
Enrico Gasperini
Presidente, Consulta Digitale Assocomunicazione
Roberto Liscia
Presidente, Netcomm – Il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano
Joy Marino
Presidente del Milan internet exchange (MIX) e della Commissione regole del registro “.IT”
Elio Molteni
Presidente, AIPSI – Associazione Italiana Professionisti Sicurezza Informatica
Maria Lillà Montagnani
Assistant Professor di diritto commerciale, Università Bocconi di Milano
Paolo Nuti
Responsabile del gruppo di lavoro su IP e DRM, Associazione Italiana Internet Provider
Gianni Orlandi
Preside di Facoltà all’Università di Roma La Sapienza
Layla Pavone
Presidente IAB, Interactive Advertising Bureau Italia
Marco Pierani
Responsabile Relazioni Esterne Istituzionali, Altroconsumo
Stefano Quintarelli
Imprenditore e blogger, pioniere di Internet
Stefano Rodotà
Professore di diritto civile all’Università di Roma La Sapienza già Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali
Francesco Sacco
Docente di Strategie e Politiche Aziendali, Università dell’Insubria
Guido Scorza
Avvocato, Docente di diritto dell’informatica, Università di Bologna
Gigi Tagliapietra
Presidente, Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica
Arturo Di Corinto
Frontiere Digitali, docente di Comunicazione Mediata dal Computer, Università La Sapienza
Lorenzo De Tomasi
Designer multimodale, Frontiere Digitali – Free Hardware Foundation
Marco Scialdone
avvocato, Frontiere Digitali – Computerlaw
Carlo Massarini
Giornalista e conduttore televisivo
Giorgio Sebastiano
Responsabile Area ICT Adiconsum
Elserino Piol
Presidente Fedoweb