Il chip A6 di iPhone 5 è ARM, ma soprattutto è farina del sacco di Apple: Linley Gwennap, analista di The Linley Group , ripercorre quella che dovrebbe essere la storia di una tecnologia cucinata per lungo tempo nella fucina di Cupertino, che si intreccia con la storia di noti designer di processori e anche con le oramai leggendarie manie di perfezionismo di Steve Jobs.
A6 è un processore SoC compatibile ARM, un dual-core che gira a 1GHz di frequenza, ma non è un A9 o un A15 bensì è il primo frutto di una volontà di sviluppo “in casa” che Apple ha coltivato per anni, sin dall’acquisizione di PA Semi nel 2008. Quasi in contemporanea con l’acquisizione, rivela Gwennap, Cupertino strinse un accordo “segreto” con ARM per garantirsi il diritto a realizzare chip ARM personalizzati.
Oltre a una squadra di ingegneri specializzati, il team che in questi anni ha lavorato su A6 ha “tratto vantaggio” dalle indicazioni di Steve Jobs sulle prestazioni che avrebbe dovuto avere la nuova CPU. Prestazioni che alla fine si sono rivelate irrealistiche, dice l’analista. Il risultato è comunque un design originale che è costituito da un’architettura del tutto originale che si basa soltanto sui brevetti del designer britannico.
Ha contribuito allo sviluppo della CPU anche Jim Keller, designer prestato ad ARM dal mondo x86 e recentemente tornato di nuovo all’ovile di AMD. Nonostante le defezioni subite dal progetto, a ogni modo, A6 è stato finalmente completato in tempo per essere integrato nel design del nuovo cellulare targato Apple.
Nel concludere il suo excursus nella storia di A6, Linley Gwennap preconizza il futuro prossimo della nuova architettura SoC realizzata da Apple (set di istruzioni a 64-bit basato sul design ARMv8) e ipotizza l’adozione da parte di Cupertino della stessa cadenza di commercializzazione di un nuovo design di processore ogni due anni già seguita da Intel.
Alfonso Maruccia