In ballo ci sono le procedure di sblocco di ogni telefono in circolazione, almeno sul suolo statunitense, ma è evidente che l’obiettivo della mozione presentata da Electronic Frontier Foundation davanti alla Biblioteca del Congresso è uno: iPhone. E nella tornata 2009 di pareri vincolanti sull’applicazione del Digital Millennium Copyright Act e sulle deroghe alla stessa legge, la fondazione senza scopo di lucro punta a far dichiarare come legittime tutte le tecniche di jailbreaking del melafonino: ovviamente con la ferma opposizione di Apple.
“EFF ha chiesto al Copyright Office di approvare una deroga al DMCA per consentire il jailbreaking in modo da permettere ai proprietari di iPhone di utilizzare i loro telefoni con applicazioni che non sono disponibili sull’App Store” spiega Fred von Lohmann , che fa parte del team di legali che sostiene le tesi dell’organizzazione. Tra i più celebri programmi di questo tipo figurano ad esempio quelli che permettono di registrare video con iPhone, oppure di utilizzare il melafonino come router WiFi per navigare collegandosi con il proprio PC.
Per EFF, insomma, ci sarebbe in ballo la possibilità di utilizzare un prodotto regolarmente acquistato al meglio delle sue capacità, anche andando oltre quanto deciso a priori da Apple. Da parte sua, l’azienda di Cupertino difende il suo diritto di chiudere il melafonino adducendo come argomentazione la “chain of trust” (letteralmente, catena della fiducia ) necessaria a garantire l’assenza di applicazioni pericolose o di scarsa qualità sul cellulare : inoltre, sbloccare iPhone sarebbe l’anticamera anche per l’utilizzo di software pirata.
Ma non è neppure questo il nucleo centrale della memoria presentata da Apple: secondo i legali di Cupertino, sbloccare iPhone comporta la sostituzione del bootloader con uno modificato, ottenuto grazie al reverse engineering dell’originale. Un’operazione che, visti i diritti che Apple vanta sul firmware del melafonino, viola il DMCA: e che causerebbe letteralmente milioni di errori sui cellulari sbloccati, costringendo i programmatori che curano lo sviluppo di iPhone ad un lavoro supplementare per fare fronte a queste eventualità imprevedibili.
Da parte sua EFF non fa che ribadire che i presunti vantaggi in fatto di sicurezza proposti da Apple non siano altro che la versione riveduta e corretta di altre argomentazioni del tutto simili: “Se vi suona come FUD ( fear, uncertainty and doubt , ndr) – prosegue von Lohmann – è perché lo è. Basta trasporre le motivazioni di Apple al mondo delle automobili per riconoscerne l’assurdità: certamente GM ci dirà che, per la nostra sicurezza, tutta la manutenzione dovrebbe essere fatta da rivenditori autorizzati con pezzi di ricambio originali. (…) Ma non abbiamo mai tollerato questi paternalismi industriali (…) Dopo tutto la nostra cultura del tinkering (o hacking, se preferite) è una parte importante della nostra economia dell’innovazione”.
Al momento, non è ancora chiaro quale sia l’orientamento della commissione che si occuperà di valutare le posizioni in merito a questa vicenda, e si dovrà probabilmente attendere l’autunno per conoscerne il responso. Le questioni sul piatto sono molte , non riguardano solo iPhone, e richiederanno del tempo (qualcuno auspica persino un intervento legislativo) per essere analizzate. In ogni caso, ad oggi appare improbabile che anche se Apple dovesse veder riconosciute le sue ragioni, decida di procedere per perseguire tutti gli utenti che hanno “violato” il suo copyright sbloccando il proprio iPhone: discorso diverso per chi produce materialmente i programmi per il jailbreaking. D’altra parte, chi è senza peccato scagli la prima mela.
Luca Annunziata