Lo aveva preannunciato ed ora EMI lo ha fatto: il suo intero catalogo musicale sarà disponibile sullo store musicale Apple iTunes anche in versione senza DRM , ovvero con brani privi di tecnologie di protezione anticopia.
Una svolta epocale , hanno commentato in tanti, perché è la prima volta che una major del settore abbandona la politica della blindatura a tutti i costi per abbracciare una nuova filosofia, basata su una distribuzione legale organizzata “capace di andare incontro ai consumatori” perché non li costringe a sottostare ai lacci e lacciuoli del DRM. In buona sostanza quei brani potranno essere “suonati” su pressoché qualsiasi dispositivo di riproduzione digitale.
Ma sono molti, moltissimi, quelli che in queste ore polemizzano sia con EMI che con Apple: pur riconoscendo tutti la portata dell’annuncio delle due aziende, ciò che viene sottolineata è la differenza di prezzo tra brani con DRM e brani che ne sono privi . La stessa musica che, blindata, si può comprare a 99 centesimi sul negozio Apple, se priva di blindature costa 1,29 euro, una differenza di 30 centesimi. Una differenza che viene persino sottolineata dall’annuncio EMI-Apple, tanto che chi già dispone di brani EMI DRMizzati potrà proprio con quella cifra, 30 centesimi, “trasformarli” in DRM-free.
In realtà Apple ed EMI tentano di giustificare questa differenza. I brani privi di DRM, infatti, saranno di qualità superiore , perché pur offerti in codifica AAC avranno un bitrate di 256 Kbps, contro i 128 Kbps “tradizionali”. Apple in una nota sostiene che ciò renderà la qualità audio dei brani DRM-free “indistinguibile da quella della registrazione originale”.
A mettere le mani avanti è lo stesso Steve Jobs, profeta del “no” al DRM, secondo cui ora gli utenti iTunes hanno più scelta . A suo dire si innescherà così un meccanismo per il quale “ci aspettiamo di vendere oltre la metà delle canzoni disponibili su iTunes in versione senza DRM entro la fine di quest’anno”.
Ma le giustificazioni non reggono . Sono passate solo poche settimane da quando EMI ha reso noto che a suo dire vendere musica senza DRM si sarebbe tradotto in una riduzione dei profitti , riduzione di cui avrebbero dovuto farsi carico, a suo dire, proprio i jukebox online come Apple iTunes. Una posizione già ampiamente criticata, perché se la musica senza DRM avrà un effetto questo, come prevede lo stesso Jobs, sarà proprio di portare ad un numero di vendite molto maggiore . Gli esperti concordano , come noto, che l’attuale DRM abbia contribuito in modo sostanziale ad ostacolare l’imporsi delle piattaforme legali di distribuzione della musica in rete.
E se Apple ha dovuto probabilmente sottostare ad un duro negoziato con EMI per potersi proporre come veicolo di un catalogo DRM-free di una delle quattro grandi sorelle della musica internazionale, la stessa Apple potrà beneficiare non poco da questa transizione : il principio che può passare è che al diminuire della compressione di un brano musicale possa corrispondere un prezzo più elevato. In futuro questo potrebbe tradursi in una escalation di profitti.
Sia come sia, nei comunicati ufficiali sia Apple che EMI ora cavalcano il senso di una svolta e la Mela ricorda come oggi sul proprio shop online siano reperibili oltre cinque milioni di canzoni , 350 serie televisive e oltre 400 film. E va bene ad entrambe: i media mainstream sono distratti. Si sono focalizzati sul fatto che neppure in questa occasione, nonostante la portata dell’accordo, la musica dei Beatles sarà messa a disposizione degli appassionati online.